CASO AL MASRI/ La premier Giorgia Meloni indagata per peculato e favoreggiamento: “Ho ricevuto un avviso di garanzia, non mi faccio intimidire”. Stesso provvedimento per i ministri Nordio e Piantedosi e per il sottosegretario Mantovano

di SERGIO TRASATTI/ Dopo il caso Santanchè, un’altra vicenda giudiziaria piomba sul governo. La premier Giorgia Meloni è indagata per il caso Almasri, il capo della polizia libica accusato di torture nei confronti dei migranti. L’annuncio lo ha dato la stessa presidente del consiglio che in un video pubblicato sui social ha detto: “La notizia di oggi è questa, il procuratore della Repubblica Francesco Lovoi, lo stesso del fallimentare processo a Matteo Salvini per sequestro di persona, mi ha appena inviato un avviso di garanzia per i reati di favoreggiamento e peculato in relazione alla vicenda del rimpatrio del cittadino Almasri. Avviso di garanzia inviato anche a Carlo Nordio, Matteo Piantedosi e Alfredo Mantovano presumo al seguito di una denuncia che è stata presentata dall’avvocato Luigi Ligotti, ex politico di sinistra molto vicino a Romano Prodi conosciuto per avere difeso pentiti del calibro di Buscetta, Brusca e altri mafiosi”.

Le altre parole della Meloni. La premier ha aggiunto: “Io penso che valga oggi quello che valeva ieri, non sono ricattabile e non mi faccio intimidire ed è possibile che per questo sia invisa a chi non vuole che l’Italia cambi e diventi migliore ma anche e soprattutto per questo intendo andare avanti per la mia strada a difesa degli italiani, soprattutto quando è in gioco la sicurezza della nazione. A testa alta e senza paura. Ora i fatti sono abbastanza noti: la Corte penale internazionale dopo mesi di riflessione emette un mandato di arresto internazionale nei confronti del capo della polizia giudiziaria di Tripoli, curiosamente la Corte lo fa proprio quando questa persona stava per entrare sul territorio italiano dopo che per 12 giorni aveva serenamente soggiornato in altri tre Stati europei”.

L’ulteriore precisazione della premier. La nostra presidente del Consiglio ha concluso dicendo: “La richiesta di arresto della Cpi non è stata trasmessa al Ministero italiano della Giustizia, come invece è previsto dalla legge, e per questo la Corte d’Appello di Roma decide di non procedere alla sua convalida. A questo punto, con questo soggetto libero sul territorio italiano, piuttosto che lasciarlo libero noi decidiamo di espellerlo e rimpatriarlo immediatamente per ragioni di sicurezza con un volo apposito come accade in altri casi analoghi. Questa è la ragione per la quale la procura di Roma oggi indaga me, il sottosegretario Mantovano e due ministri”.

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