Veicoli pesanti, semestre d’oro – In Italia nei primi sei mesi del 2016 le immatricolazioni di veicoli commerciali pesanti (e cioè con PTT – peso totale a terra – di 16 tonnellate ed oltre) sono cresciute del 36,9% rispetto allo stesso periodo del 2015. Sempre nel primo semestre 2016, come risulta dai dati diffusi da Acea, l’aumento medio delle immatricolazioni di veicoli commerciali pesanti registrato in Europa è stato del 17,6%. In Francia vi è stata una crescita del 18%, in Germania del 9,7%, in Spagna dell’11,8% e nel Regno Unito dell’8,4%. Come si vede, fa notare il Centro Ricerche Continental Autocarro, l’aumento delle immatricolazioni di veicoli commerciali pesanti in Italia nella prima metà del 2016 è stato più alto sia rispetto alla crescita media europea sia rispetto a quella dei maggiori paesi del vecchio continente.
Autobus in discesa – Ai dati molto positivi delle immatricolazioni di veicoli commerciali pesanti fanno da contraltare quelli negativi sulle immatricolazioni di autobus. Infatti, sempre secondo i dati Acea diffusi dal Centro Ricerche Continental Autocarro, nei primi sei mesi del 2016 le immatricolazioni di autobus nel nostro Paese non sono aumentate, ma sono diminuite del 7,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Non solo questo è un dato evidentemente negativo, ma è in controtendenza rispetto al dato medio europeo (che fa registrare un aumento del 2,7%) ed anche rispetto ai dati dei maggiori paesi europei (tutti positivi ad eccezione del Regno Unito, dove vi è stato un calo del 3,5%).
Sempre meno merci su strada – Dal 2006 al 2014 il trasporto merci su strada sia in Italia che in Europa è diminuito considerevolmente. Il calo del trasporto merci su strada in Italia, però, è stato molto maggiore rispetto alla media dei Paesi europei. Infatti, fatti uguali a 100 i dati relativi all’anno 2006, la quota del trasporto merci su strada in Europa nel 2014 è stata 92,9, mentre la quota del trasporto merci su strada in Italia è stata 63. Ciò vuol dire che in otto anni il traffico europeo delle merci su strada è calato di 7,1 punti percentuali, mentre quello italiano è diminuito di ben 37 punti percentuali. Questi dati derivano da un’elaborazione dell’Osservatorio sulla Mobilità Sostenibile di Airp (Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici) sulla base di dati Eurostat.
Da una elaborazione Airp emerge che i volumi di merci movimentate su strada in Italia e in Europa hanno subìto una prima importante fase di calo nel 2009 per effetto della crisi, hanno poi recuperato nel 2010, per poi calare nuovamente nel biennio 2011/2012. In particolare in questo biennio, il traffico merci su strada è calato drasticamente soprattutto in Italia, dove si è registrata una diminuzione di 27,7 punti percentuali rispetto al 2010. A partire dal biennio 2013/2014, poi, vi è stata una ripresa, anche se non particolarmente sostenuta, per ciò che riguarda le merci movimentate sulle strade europee. In Italia, invece, dopo la leggera ripresa nel 2013 che aveva fatto sperare in un’inversione di tendenza, nel 2014 si è assistito ad una nuova flessione di 5 punti percentuali, portando di fatto la quota di trasporto merci su strada al livello più basso dal periodo ante-crisi.
Chiarezza sulle ibride – Le immatricolazioni di auto ibride sono in continuo aumento e per il cliente sono molteplici le possibilità di scelta fra modelli di diverse Case automobilistiche. Ne derivano incertezze e curiosità. Proviamo a fare chiarezza. Va detto innnzitutto che su una ibrida ci sono due motori anzichè uno, il primo termico e l’altro elettrico, con un pacco di batterie necessario solo per accumulare l’energia recuperata durante le decelerazioni e le frenate. Questi componenti aggiuntivi che impatto hanno sui costi di manutenzione?
Chi è orientato al passaggio una ibrida ha spesso dubbi sulla manutenzione e in particolare ai suoi costi. Se c’è un motore in più, l’unità elettrica non è soggetta alla stessa usura di un motore termico, data l’assenza di parti meccaniche ad alto deterioramento. Di fatto quindi, per quanto riguarda il propulsore, la manutenzione di una ibrida riguarda sostanzialmente il motore termico, come qualsiasi auto. Per giunta, il motore termico, lavorando in sinergia con l’unità elettrica, è sottoposto ad uno stress e a un deterioramento minori. Per quanto riguarda le batterie, hanno una lunga garanzia e quindi non dovrebbero dare problemi per un ciclo di vita medio di una vettura. Ovviamente in caso di sostituzione ci sono dei costi aggiuntivi e anche molto elevati, indicativamente nell’ordine dei 3.000 euro.
Alla voce tagliandi, le ibride hanno intervalli di manutenzione simili a quelli delle autovetture tradizionali. A cambiare sono il numero e la tipologia dei controlli effettuati, che per alcuni costruttori si traduce in un aumento di circa il 10% sul costo del tagliando. Alcune Case, comunque offrono il tagliando allo stesso prezzo delle vetture con motore termico. Nella valutazione tra vantaggi e svantaggi delle ibride, va comunque calcolato il risparmio che le ibride consentono di ottenere ogni anno, che in parte compensa ogni eventuale maggior costo per la manutenzione.
Cabrio ci piace meno – Da una ricerca statistica del sito di auto usate AutoScout24 risulta che soltanto il 5,8% degli interessati alle auto decappottabili usate sono italiani. Davanti all’Italia, ci sono la Spagna, il Belgio e la Germania, seguita dall’Olanda. I marchi più ricercati sono Porsche, Bmw e Mercedes i quali hanno diversi modelli appartenenti alla categoria. In Italia prevale la Porsche Boxter che è risultata l’auto più ricercata nel periodo tra marzo e giugno di quest’anno, seguita dalla Bmw Serie Z (soprattutto Z4). In Italia si registra però una notevole ricerca dell’Alfa Romeo Spider, che va ad interrompere la classifica guidata dalle tedesche. La Bmw Serie 3 precede il quinto posto della Porsche 911, seguita dall’Audi TT Roadster. Al settimo posto la Volkswagen Beetle, ottava la Bmw Serie 1, nona l’Audi A5 e infine la la Bmw Serie 4. Nel mercato spagnolo si ricercano fra le usate l’Alfa Romeo GTV Spider, la Fiat 500 C, e la Fiat Punto Cabriolet.
Aftermarket, si cambia – Le tecnologie applicate all’auto avranno un impatto sempre più dominante nell’aftermarket automotive. Una rotta che va seguita con costanza e attenzione per non rallentare la corsa della competitività aziendale. N’è convinto Bill Hanvey, presidente e amministratore delegato della Auto Care Association: importante organismo statunitense che offre diversi servizi all’industria americana dell’aftermarket indipendente. Intervistato su diverse tematiche da Aftermarket Business World, Hanvey crede che l’innovazione sta cambiando profondamenre il modo di operare di chi lavora nella filiera dell’autoricambio. E’ una sfida che va colta e che va tramutata in una grande opportunità di crescita.. Produttori, distributori, ricambisti, dettaglianti, autoriparatori sono chiamati ad innovarsi per offrire soluzioni e servizi al passo con quella che è la nuova visione dell’auto, bene immobile che ha il maggior concentrato di tecnologia. Insieme alla mobilità del futuro corre, dunque, anche l’aftermarket automotive: quello indipendente che sinora detiene in Italia la maggiore quota di mercato. All’orizzonte, però, ci sono i costruttori d’auto i quali hanno capito che il post vendita è un grande business in cui entrare. La prima offensiva commerciale l’ha lanciata a livello mondiale il Gruppo PSA. Altri gruppi sicuramente seguiranno.
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