Sono stati festeggiati lunedì scorso a Palazzo Santa Chiara a Roma – con amici, parenti, personaggi del mondo politico e dello spettacolo – i 90 anni del celebre fotografo Carlo Riccardi, “paparazzo” per eccellenza e testimone di decenni di vita italiana, pittore e ideatore del manifesto pittorico “Quinta dimensione”. Il termine “paparazzo”, nasce proprio con lui, ai tempi “Dolce Vita”: lo coniò Ennio Flaiano mutuandolo da “Pappatacio”, moscone, come Amintore Fanfani chiamava Riccardi.
Durante la sua carriera ha documentato 70 anni di storia del nostro Paese: attraverso i suoi scatti ha descritto e accompagnato divi, politici, Papi, ma anche gente comune,
raccogliendo il tutto in un immenso archivio di oltre quattro milioni di fotografie certificato dal Ministero dei Beni Culturali (ne riproduciamo qui alcune: Piazza San Pietro sotto la neve, Alberto Moravia e Dacia Dacia, Fausto Coppi).
La curiosità nei confronti del mondo dell’arte arriva prestissimo, osservando i pittori tedeschi e inglesi
ospitati dal padre Mario nella casa di campagna a Olevano Romano, meta privilegiata di artisti stranieri. Sarà Saro Mirabella, maestro di Guttuso, a insegnargli a dipingere e ritoccare le fotografie. Fotografandone le opere, Carlo diventa amico di pittori che oggi sono i nomi per eccellenza dell’arte contemporanea italiana: Corrado Cagli, Giorgio De Chirico, Renato Guttuso, Riccardo Monachesi, Pericle Fazzini, Luigi Montanarini. Sono loro a spingerlo perché continui a sperimentare la sua arte.
Negli ultimi tre decenni Carlo Riccardi, godendo anche del patrocinio della Regione Lazio, è stato protagonista di un’iniziativa straordinaria: ha percorso cinquemila chilometri per “incravattare” e “fasciare” con maxi tele lunghe sino a 300 metri scorci di paesi, paesaggi e monumenti di tutta Italia. Dietro l’aspetto più squisitamente artistico, il suo proposito di sensibilizzare l’opinione pubblica per la valorizzazione dell’immenso tesoro artistico del Bel Paese.
L’ultima impresa è datata 16 agosto di quest’anno (foto a lato): a distanza di 30 anni dalla prima esposizione di una maxitela in Piazza del Popolo a Roma, Carlo si è superato ed è stato protagonista di un’installazione mobile proponendo una tela lunga oltre 100 metri. Il titolo è “Diamoci una mano” e pone l’attenzione sull’importanza della cultura come mezzo di unione tra i popoli. Negli oltre 100 metri di pittura, la mano ha un ruolo da protagonista, riprodotta in mille colori e in tante situazioni ma sempre aperta, proprio per sottolineare il bisogno collettivo di incontro. Ma i soggetti, con una forte carica espressiva e orientata all’astrattismo, sono i più vari: fra questi la gente che lavora o il cuore delle città.
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