di FABIO CAMILLACCI/ Ci risiamo. Ecco l’immancabile inchiesta della giustizia sportiva sul calcio italiano: ormai una routine da qualche anno a questa parte. Siamo già consapevoli che il tutto finirà nella classica bolla di sapone: come già accaduto tante volte negli anni scorsi. Bufera, scandalo e poi sentenze ridicole. Cosa è successo stavolta? Premettiamo che non si tratta di calcioscommesse. La Federcalcio nella giornata di venerdi 28 ottobre, ha diffuso il seguente comunicato ufficiale: “Il Procuratore Federale, esaminati gli atti di indagine posti in essere dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli e trasmessi all’Ufficio della Procura Federale lo scorso 26 febbraio, disposto con provvedimento del 29 marzo 2016, la riapertura delle indagini ed espletata la conseguente attività istruttoria in sede disciplinare, ha deferito al Tribunale Federale Nazionale Sezione Disciplinare 14 società (Inter, Juventus, Napoli, Palermo, Chievo Verona, Genoa, Pescara, Catania, Cesena, Ternana, Vicenza, Livorno, Grosseto e Reggina) a titolo di responsabilità diretta per una serie di violazioni del Codice di Giustizia Sportiva e del regolamento Agenti di Calciatori. Deferiti anche dirigenti e calciatori delle società sopra citate”. Testuale. Sorvoliamo, sull’italiano della Figc, cioè sulla forma e i contenuti del comunicato ufficiale e aggiungiamo che sono state archiviate le posizioni di Lazio e Portogruaro coinvolte nella storia in un primo momento.
I fatti. L’inchiesta cui si fa riferimento è quella nata nel 2012, quando la Guardia di Finanza si recò nelle sedi del Napoli e della Figc per acquisire i contratti di Ezequiel Lavezzi (foto), ceduto dal Napoli al Psg, e del quasi sconosciuto attaccante argentino Cristian Chavez. Partendo da quella attività, nove mesi dopo, i finanzieri si sono presentati nelle sedi di altre 41 società di serie A e B per acquisire ulteriori documentazioni.
L’accusa. L’inchiesta, a livello di giustizia ordinaria, è condotta dai pm della procura di Napoli Danilo De Simone, Stefano Capuano e Vincenzo Ranieri, coordinati dal procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli. I motivi dell’indagine? Gli agenti dei calciatori provvedevano a fatturare in maniera fittizia alle sole società calcistiche le loro prestazioni, simulando che l’opera di intermediazione fosse resa nell’interesse esclusivo dei club, mentre di fatto venivano tutelati gli interessi degli atleti assistiti dagli stessi procuratori. La scoperta dell’acqua calda? Oppure: finalmente se ne sono accorti! Tutto questo a ben 4 anni dall’inizio dell’inchiesta della magistratura che, ancora una volta, precede la miope e bradipa giustizia sportiva.
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