di FABIO CAMILLACCI/ Ormai ci siamo anche per la sponda rossonera del Naviglio: anche il Milan sta per passare ufficialmente ai cinesi, come l’Inter dei casting e della società caos. Adriano Galliani sceglie la tv del Milan per confermare quanto si sa ormai da tempo, ovvero che dopo il passaggio di proprietà ai cinesi il 2 dicembre, lascerà la società. E soprattutto per ripercorrere 30 anni di trionfi. Il saluto telefonico con Shevchenko e lo scambio reciproco di complimenti con l’ucraino gli dà modo di ribadire che la sua storia al Milan sta per finire: “Penso che saranno le ultime settimane al Milan, non è per presunzione ma posso fare solo l’amministratore delegato. Quindi credo saranno le ultime mie tre settimane. Quello che abbiamo fatto rimane, passeremo dalla cronaca, alla storia e forse sarà meglio la storia della cronaca, chi lo sa”.
La sua gestione ha portato il Milan in cima al mondo. Galliani lo sa e dice: “E’ un grande orgoglio perché in 30 anni abbiamo fatto tantissimo: anche i secondi posti vogliono dire tantissimo perché significa arrivare nelle varie finali di Champions, Coppa Italia e altro, per un totale di 45 in 30 anni. La Top 11 dei miei Milan? Non mi piace farla, perché è difficile visto che il calcio è cambiato molto e quindi non si possono fare determinati paragoni. Ci sono delle statistiche che dimostrano che il calcio è diventato molto più fisico e i tempi si sono molto ridotti. Per questo motivo è impossibile fare una valutazione e un confronto tra giocatori. In ogni caso quando penso a Tassotti, Costacurta, Baresi e Maldini è una difesa straordinaria, ma anche la difesa contro la Juve, Costacurta-Nesta-Maldini-Kaladze era un grande reparto. Per non parlare poi del centrocampo con Gattuso, Pirlo, Seedorf, Rui Costa. Poi, Sheva e Inzaghi. Abbiamo avuto 8 Palloni d’Oro, negli anni 90 avevamo il titolare del Pallone d’Oro Van Basten e l’altro Pallone d’Oro Papin in panchina :questo faceva capire la mentalità del presidente Berlusconi”.
Le delusioni e le preoccupazioni. Non sono mancati i momenti difficili nella storia del Milan di Berlusconi e Galliani ne ricorda uno legato all’infortunio di Donadoni a Belgrado nel 1988: “Noi nell’intervallo di quella partita eravamo convinti che Donadoni fosse morto, gli salvò la vita un infermiere che entrò in campo. Fu una sensazione che non dimenticherò mai più. Donadoni era blu, quindi di Belgrado ricordo soprattutto questo”.
I colpi di mercato. Sono molti gli aneddoti di mercato rievocati da Galliani: “Kakà è stato merito soprattutto di Leonardo e Braida: mi ricordo che non avevamo il posto libero per l’extracomunitario e quindi ebbi il merito e questo me lo prendo, di aver ceduto Aliyu allo Standard Liegi. Se non ci fosse stata questa cessione non sarebbe arrivato Kakà. Per provare a prendere Dzeko sono stato nascosto in Bosnia per diversi giorni, ma non ci fu verso. Totti? Il presidente ha sempre detto di rispettare le bandiere delle altre squadre”
Capitolo stadi. L’ormai prossimo ex dirigente del Milan tocca poi un tasto dolente per tutto il calcio italiano: gli stadi: “Sicuramente è il peggior problema del calcio italiano, infatti nelle prime file degli stadi non si vede assolutamente nulla. Uno stadio vuoto ti dà una sensazione che lo spettacolo non esista. Dobbiamo assolutamente risolverlo: se riusciremo a farlo, la Serie A ritornerà a essere un punto di arrivo e non un punto di passaggio. San Siro comunque è un bellissimo stadio”. Ma che Milan sarà quello “Made in China”? A Berlusconi si può dire di tutto ma è stato senza dubbio il presidente più vincente nella storia del calcio italiano. Ora il futuro del Milan è un grande punto interrogativo.
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