di ENNIO SIMEONE/
Continua la danza dei numeri. Ogni giorno (senza sosta nemmeno nei giorni ferragostani) vengono diffusi dati sulla nostra economa in contrasto tra loro dai quali non si riesce a capire a quale sorte il nostro paese va incontro. Naturalmente, chi è più capace di sfruttare propagandisticamente quelli che fanno comodo alle proprie tesi riesce ad emergere sui masse media.
Limitiamo ai due dati di ieri: quelli forniti dall’Inps e quelli diffusi da Mediobanca.
Ottimismo dall’Inps. L’Osservatorio sul precariato dell’istituto previdenziale afferma che “cresce la quota di assunzioni con rapporti stabili sul totale dei rapporti di lavoro attivati/variati” passando dal 33,6% del primo semestre 2014 al 40,8% dei sei mesi 2015. Le nuove assunzioni nel periodo sono state 952.359, le trasformazioni 331.917.
Nel primo semestre, spiega l’Inps confermando l’andamento già espresso dai dati del ministero del Lavoro, aumenta, rispetto al corrispondente periodo del 2014, il numero di nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato nel settore privato (+252.177), rimangono sostanzialmente stabili i contratti a termine, si riducono le assunzioni in apprendistato (-11.500). Nel periodo la variazione netta tra i nuovi rapporti di lavoro e le cessazioni, pari rispettivamente a 2.815.242 e 2.177.002, è di 638.240; nello stesso periodo dell’anno precedente è invece stata di 393.658. Nel primo semestre le nuove assunzioni a tempo indeterminato nel settore privato stipulate in Italia, rilevate da Inps, sono state 952.359, il 36% in più rispetto al 2014, mentre le trasformazioni a tempo indeterminato di rapporti di lavoro a termine, comprese quelle degli apprendisti, sono state 331.917 (+30,6%). Da qui la crescita dal 33,6% al 40,8% della quota di assunzioni stabili sul totale. In aumento anche il lavoro full time rispetto al part time: i nuovi rapporti di lavoro a tempo pieno rappresentano il 63,4% del totale delle nuove assunzioni nei primi sei mesi del 2015, in aumento di 1,1 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2014.
Da questi dati Matteo Renzi si sente di conseguenza autorizzato a dire “siamo sulla strada giusta contro il precariato; il Jobs Act è una occasione da non perdere, soprattutto per la nostra generazione”. Omette di dire che gli incentivi fiscali alle imprese che trasformano i contratti a termine dei loro dipendenti in contratti a tempo indeterminato rendono conveniente la trasformazione, bilanciata però dalla possibilità che avranno – alla scadenza del triennio di benefici – di licenziarli senza giusta causa.
Il pessimismo di Mediobanca. Di tenore del tutto diverso i dati diffusi, lo stesso giorno, in un rapporto di Ricerche & Studi di Mediobanca, in cui si afferma che “per le grandi imprese che producono in Italia nel 2014 le vendite sono scese del 2,2%, del 4,3% sul solo mercato interno, con l’occupazione in calo dell’1%”. Lo stesso andamento è previsto per il 2015. Unica via per uscire, dice il rapporto, è il miglioramento che può derivare dai soli investimenti. Infatti il 70% di quanto prodotto è ‘estero su estero’ perché in Italia la redditività è la metà di quella oltreconfine, mentre in 3 anni lo stock di crediti bancari è sceso di 15,8 miliardi.
Conclusione. Le soluzioni miracolistiche propagandate dal governo Renzi e dagli apparati controllati non esistono. E nemmeno gli annunci roboanti di piogge di miliardi lanciati sconsideratamente in questi giorni dallo stesso capo del governo e da alcuni suoi ministri (compreso, ahimé, l’ex badante del presidente del Consiglio, Delrio, passato alla testa del ministero delle Infrastrutture) possono servire a coprire la realtà con un polverone di ottimismo. Molto meglio sarebbe procedere realisticamente e prudentemente per piccoli passi (ma veri), piuttosto che per salti da acrobati circensi.
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