A RUOTA LIBERA/ Rubrica (n. 169) di LUCIO DE SANCTIS/ Sereno sul mercato auto – Pil al ralenti – Revisione con pagella – Il problema dei vecchi diesel – Un libro sulla Stazione Termini – Le strade elettriche – Brennero

di LUCIO DE SANCTIS

Sereno sul mercato auto – Torna a splendere il sole sul mercato dell’auto in Italia. Ad aprile sono state immatricolate 171.379 autovetture. Rispetto allo stesso mese del 2017 la crescita è del 6,47%. Secondo Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor, si tratta di un risultato in larga misura sorprendente perché sulla propensione all’acquisto di automobili nell’aprile scorso hanno influito diversi fattori negativi. In primo luogo il calendario. Le giornate lavorate “teoriche” nell’aprile scorso sono state una in più che nell’aprile 2017, ma la possibilità di “ponti” nell’ultima parte del mese ha certamente influito negativamente sulle giornate lavorate effettive. A ciò si aggiungono un clima politico che non favorisce certo la propensione all’acquisto di beni di consumo durevoli come l’automobile, il rallentamento nella crescita del Pil, che emerge dall’ultimo indice Istat, e un clima di fiducia di consumatori e imprese altalenante, ma tendenzialmente in calo.
Nonostante tutto questo, aprile ha messo a segno l’incremento di cui si è detto (+6,47%), che porta sostanzialmente in pareggio (+0,24%) anche il bilancio dei primi quattro mesi dell’anno. Secondo il Centro Studi Promotor, i risultati di aprile e del periodo gennaio-aprile 2017 confermano che il mercato italiano dell’automobile, coerentemente con l’andamento delle immatricolazioni in quasi tutti i Paesi del mondo, poggia su una domanda sostanzialmente solida. Tra l’altro, nei dati di aprile va segnalato un buon incremento delle vendite ai privati, mentre, proprio tra i privati, comincia a diffondersi il noleggio a lungo termine e dall’inchiesta congiunturale condotta a fine aprile dal Centro Studi Promotor emerge che  l’86% dei concessionari pensano che questa formula avrà crescente fortuna nel prossimo futuro. I concessionari interpellati dal Centro Studi Promotor sono comunque cauti sulle prospettive a breve termine. Coloro che prevedono a tre/quattro mesi domanda stabile o ancora in crescita prevalgono soltanto in lievissima misura (51%) su coloro (sono il 49%) che invece si attendono una fase di ragionevole rallentamento delle immatricolazioni.
“Dopo le crescite del 2015 (+16%), del 2016 (+16%) e del 2017 (+8%) – ha concluso Gian Primo Quagliano – la domanda si sta consolidando sui valori raggiunti per proseguire poi nel 2019 il percorso di recupero verso i livelli ante-crisi.”

Pil ancora al ralenti – Secondo la prima stima diffusa dall’Istat, la crescita del prodotto interno lordo italiano del primo trimestre 2018 conferma il rallentamento già emerso nell’ultimo trimestre del 2017 rispetto agli altri trimestri dello scorso anno. In particolare, secondo il Centro Studi Promotor, nel primo trimestre 2018 il Pil ha avuto un incremento congiunturale (cioè rispetto al trimestre precedente) dello 0,3% come nel quarto trimestre 2017 contro incrementi dello 0,4% nel secondo e terzo trimestre del 2017 e dello 0,5% nel primo trimestre 2017. Ancora più evidente la frenata del tasso di crescita tendenziale (cioè rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente). Si è passati dal +1,8% del terzo trimestre 2017 al +1,6% del quarto trimestre 2017 ed ora al +1,4% del primo trimestre 2018. Il dato diffuso oggi dall’Istat è coerente con gli ultimi dati sulla produzione industriale (in calo sia in gennaio che in febbraio), con l’andamento altalenante della fiducia degli operatori e dei consumatori e con le incertezze del quadro politico.
L’economia è in rallentamento anche nel resto d’Europa, ma i dati diffusi oggi dall’Istat – ha dichiarato Gian Primo Quagliano, presidente del CSP – sono comunque preoccupanti perché il nostro Paese, a differenza di tutte le altre economie avanzate, non ha ancora raggiunto i livelli che si registravano ante-crisi 2007-2008.

Revisione con pagella – Rivoluzione nelle norme che regolano le revisioni periodiche delle auto. Dal prossimo 20 maggio, le varie officine e centri autorizzati dovranno, obbligatoriamente, rilasciare al proprietario dell’auto un certificato cartaceo sul quale verranno riportati non solo i chilometri percorsi fino a quel momento e risultanti dal contachilometri ma come verranno evidenziati i vari aspetti tecnici incidenti sul livello di manutenzione dell’auto e che verranno sintetizzati in un giudizio complessivo tecnico – qualitativo. Tutto questo è frutto della Direttiva UE n° 45 del 2014 che l’Italia ha recepito lo scorso anno con il Decreto Ministeriale 214-2017. Questo nuovo certificato, contenendo tutte le risultanze dei test eseguiti durante la periodica revisione, può essere paragonato ad una cartella clinica. L’Unione Europea è convinta che la sicurezza stradale si accresca anche attraverso una buona manutenzione dei veicoli. Verrà, infatti, dato un vero e proprio voto al veicolo indicando i punti di forza e di debolezza e anche la data esatta di quando effettuare la revisione successiva, che potrebbe essere anche più ravvicinata nel tempo rispetto alle normative attuali.

A proposito di scadenze, la prima revisione resterà fissata ancora al quarto anno se nei primi 48 mesi il veicolo non ha superato i 160mila chilometri e successivamente ogni due anni salvo diversa indicazione stabilita dalla “pagella” conseguita dalla vettura.

D’ora i avanti è previsto che i dati riportati sul certificato cartaceo vengano trasmessi anche al Ministero dei Trasporti. L’obiettivo, attuato attraverso un controllo scrupoloso dei contachilometri, è quello di combattere le truffe nelle compravendite di auto usate e dei pezzi di ricambio. Altro importante aspetto, da non sottovalutare, è l’istituzione di una vera e propria responsabilità giuridica del proprietario del veicolo, che potrebbe essere ritenuto responsabile anche di eventuali manomissioni. E infine, gli addetti alle revisioni dovranno avere un elevato livello di competenze specifiche e saranno tenuti a sottoporsi a periodici corsi di aggiornamento.

Che problema i vecchi diesel – A fine 2017 l’Italia vantava un parco circolante vetture di 38,5 milioni. Nonostante abbiamo raggiunto una penetrazione di 66 auto ogni 100 abitanti, il numero delle vetture iscritte al PRA ha continuato a crescere in questo decennio, in ragione di oltre 200.000 unità all’anno, che è comunque meno della metà di quanto cresceva nel decennio precedente. La crescita è attribuibile ai motori diesel, passati dal 2010 al 2017 da meno di 14 a quasi 17 milioni, laddove quelle a benzina sono diminuite, da 22,8 a 21,4 milioni.

Va però osservato che tra il 2010 e il 2017 le vetture di età fino a vent’anni sono leggermente diminuite, mentre sono aumentate del 57% quelle con oltre vent’anni sulle spalle, passando da 3,8 a oltre 6 milioni, di cui 5,1 a benzina e 900mila a gasolio. In altri termini, gli italiani si rivelano dei grandissimi conservatori di auto vecchie, che non vengono rottamate, nonostante si tratti di vetture molto inquinanti e poco sicure, visto che circa 4 milioni sono antecedenti alle normative Euro. Queste macchine, indicate come Euro0, vengono radiate a un tasso inferiore all’1% annuo, che equivale a dire che per eliminarle ci impiegheremo oltre un secolo. A tal proposito

“Gli esperti che abbiamo riunito all’ACI per il consueto appuntamento della Capitale Automobile – ha dichiarato Pier Luigi del Viscovo, direttore del Centro Studi Fleet&Mobility –  hanno avanzato la conclusione che molte di queste auto circolino pochissimo o per niente, trattandosi in buona misura di veicoli in mano a collezionisti o a persone che per vari motivi le usano sporadicamente. Di conseguenza, anche il loro impatto ambientale va considerato alla luce degli effettivi chilometri annui che percorrono, visto che un’auto inquina solo quando è in movimento.”

Un libro racconta la Stazione Termini – La Stazione Termini di Roma è lo scalo ferroviario più grande d’Italia. Questo lo rende unico dal punto di vista operativo, ingegneristico, architettonico, urbanistico, commerciale, sociale e culturale. Un volume, firmato da Amedeo Gargiulo e Deborah Appolloni (Giordano Editore) ne ripercorre la storia, senza perdere di vista il ruolo all’interno della città e mettendolo in relazione allo sviluppo delle stazioni nelle maggiori capitali europee. Perché si sente la necessità di più scali ferroviari nella stessa città? Quale concezione ingegneristica c’è alla base di una stazione di testa rispetto a una passante? Come sono state pensate le nuove stazioni dell’Alta velocità? Lo sviluppo urbanistico di Roma ha influito sulla centralità della stazione Termini? Il viaggio all’interno di Termini non finisce sui binari, va oltre, fino a ricordare gli anni d’oro della stazione presa d’assalto da troupe cinematografiche che raccontavano un’Italia appena uscita dalla guerra, affascinata dal treno, passando per agli anni del degrado che hanno portato lo scalo a diventare anche un polo di solidarietà con l’apertura dell’Ostello della Caritas, l’help center e il Binario 95 per arrivare ai nostri giorni con una Termini ancora centrale nella vita di Roma, seppure sempre in cambiamento. Il volume, contiene anche un percorso fotografico, realizzato grazie alle immagini d’epoca messe a disposizione dalla Fondazione FS Italiane, che permette di ripercorrere le tappe più importanti della storia di Termini.

Le strade elettriche – L’idea viene dalla Svezia: se il veicolo elettrico non può portare con sé tutta l’energia di cui ha bisogno, allora è necessario portare l’energia stessa al veicolo mentre è in marcia.  Si tratta di un sistema a due binari, molto ravvicinati tra loro, che sono posti al centro della strada, a raso rispetto al manto stradale. Le vetture captano l’energia attraverso uno speciale braccio di cui devono essere dotate, che si allinea automaticamente ai binari per non perdere mai la connessione. Il sistema è stato testato sia con la pioggia che con la neve, dimostrando di essere resistente ai detriti stradali e, cosa più importante, all’acqua e al ghiaccio grazie all’avanzato sistema di drenaggio.

Il sistema inoltre attiva solo i tratti della linea che sono usati dai veicoli in un certo preciso momento, seguendo il movimento di un dato veicolo ed accendendo e spegnendo solo le sezioni di binario che lo interessano, istante per istante. L’energia captata può servire sia per la marcia, sia per ricaricare le batterie senza doversi fermare.

Per il momento il test delle strade elettrificate è in atto su tratto di soli 2 Km lungo la strada dello ”Stockholm Arlanda airport” e riguarda unicamente i veicoli commerciali di grosse dimensioni. I camion infatti si prestano maggiormente a questo tipo di test perché sono anche tra coloro che potrebbero trarre più benefici da questa nuova tecnologia, non dovendo più rinunciare a spazio di carico per avere grandi batterie adatte alle lunghe percorrenze.

Grazie alle strade elettrificate anche le lunghe soste per la ricarica non sarebbero più un problema per i “bisonti elettrici” che potrebbero viaggiare ininterrottamente per distanze molto elevate. il costo del progetto delle strade elettrificate in termini economici è molto elevato e si aggira su 1,2 milioni di dollari per chilometro, garantendo però un sicuro investimento. Dal punto di vista ecologico resta il problema della produzione di energia, che per il momento è ancora in larghissima parte dipendente dai combustibili fossili (carbone e petrolio) affatto puliti.

Brennero, merci e ambiente – Migliorare il traffico e la circolazione delle merci al Brennero nel rispetto dell’ambiente. È la richiesta lanciata dalle sigle dell’autotrasporto Anita, Anfia e Unrae che hanno portato all’attenzione degli stakeholder le loro proposte e soluzioni per un traffico di merci attraverso il Brennero economicamente sostenibile e al tempo stesso rispettoso dell’ambiente.
Si legge su Trasporti-Italia.com che Il 70% dell’economia italiana passa attraverso le Alpi e il Brennero è fondamentale per le esportazioni verso i ricchi mercati del Centro e del Nord Europa. Occorre quindi una politica dei trasporti attraverso l’arco alpino che sia bilanci le istanze ambientali con le ragioni dell’economia.

“Iniziative unilaterali, come il sistema di dosaggio dei veicoli pesanti messo in piedi dal Tirolo –  ha dichiarato Thomas Baumgartner, Presidente di ANITA – non solo distorcono la concorrenza e contrastano con il diritto Ue, ma hanno anche un effetto controproducente su congestione ed emissioni nocive, come testimoniato dalle lunghe file di Tir registrate nei giorni di divieto”.
“Al tempo stesso – dice – pur essendo il trasporto combinato strada ferrovia una soluzione che gli operatori già adottano diffusamente e sulla quale occorre sempre di più puntare, pensare che le soluzioni del trasporto merci transalpino risiedano soltanto nel trasferimento delle merci dalla strada alla ferrovia è nel breve periodo velleitario”.
Dal lato costruttori, Pierre Lahutte, AnfiaBrand President Iveco, ha dichiarato “Oggi, più che mai, le case costruttrici sono chiamate a trovare soluzioni per offrire una gamma prodotto che risponda, da un lato, ai sempre più rigorosi obiettivi di sostenibilità ambientale, dall’altro ad una domanda sempre più complessa e crescente di trasporto sia per percorrenze lunghe che, locali ed urbane”.
“Il gas naturale – ha aggiunto Pierre Lahutte – oggi è la tecnologia concreta immediatamente applicabile nonché l’unica in grado di offrire da subito una riduzione delle emissioni, che – in caso di utilizzo di biometano – porterà a una riduzione di quasi 110.000 ton/anno di emissioni CO2 – secondo il parametro well to wheel – rispetto a una motorizzazione diesel equivalente. In questo contesto, la collaborazione tra case costruttrici, operatori logistici e istituzioni acquisisce un’importanza strategica per portare a compimento questo importante processo di transizione energetica di cui la filiera automotive nazionale non vuole essere solo testimone, ma protagonista, fornendo una soluzione immediatamente attuabile di trasporto stradale delle merci a bassissimo impatto per le aree ambientalmente sensibili, come, ad esempio, le valli alpine e gli ambienti di montagna”.
Franco Fenoglio, Presidente della Sezione veicoli industriali dell’Unrae, ha sostenuto in un messaggio che “il sistema dei trasporti nazionale ed europeo farà sempre più ricorso all’intermodalità ma, in questo contesto, il veicolo industriale manterrà un ruolo fondamentale in funzione della sua economicità ed affidabilità per l’intera catena logistica. Questo è soprattutto vero anche in considerazione del fatto che in Europa il 78% delle merci viaggia su strada”. Continua il Presidente Fenoglio: “Nel nostro Paese, dove oltre il 64,8% dei veicoli appartiene alle classi Euro 0, I, II, III (cioè hanno più di 11 anni di anzianità media, molto più alta rispetto agli altri Paesi europei) sarebbe, quindi, necessario un ricambio strutturale del parco circolante e, in tal senso, i Costruttori di veicoli industriali hanno investito ingenti somme per rendere disponibili sul mercato veicoli di ultima generazione (Euro VI, LNG, CNG, ibrido…) al fine di garantire un salto di qualità”.

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