di SERGIO TRASATTI/ E’ morto a 77 anni dopo una lunga malattia Bernardo Bertolucci, uno dei più grandi registi del cinema italiano. Autore di capolavori come “Ultimo tango a Parigi”, “Novecento” e “L’ultimo imperatore” (il film che nel 1987 vinse ben 9 Oscar). Bertolucci: un maestro in grado di toccare l’anima delle persone ma anche di influire sulla società con le sue opere che sono riuscite a infrangere diversi tabù. Il grande regista si è spento nella sua casa di Trastevere a Roma, a seguito di una crisi respiratoria. L’ultimo saluto dovrebbe avvenire in una cerimonia privata; mentre in Campidoglio, domani, martedì 27 novembre, dalle ore 10 alle 19, nella Sala della Protomoteca, verrà allestita la camera ardente. Bertoloucci nacque il 16 marzo del 1941 a Parma, in piena seconda guerra mondiale, a pochi passi dalla tenuta in cui viveva Giuseppe Verdi. L’opera del celebre compaesano lo influenzerà in tutti i suoi film, dove si intrecciano spesso i temi dell’amore e della morte tipici del melodramma romantico. A 15 anni la famiglia si trasferì a Roma. In quegli anni il futuro regista pubblicò la sua prima raccolta di poesie dal titolo “In cerca del mistero” (premio Viareggio opera prima nel ’62) e entrò in contatto con Pier Paolo Pasolini: fu suo assistente nella pietra miliare “Accattone”, ottenendo inoltre proprio da Pasolini il suo primo incarico da regista nel 1963 con “La commare secca”. Il film fu il suo lasciapassare permettendo a Bernardo di ripetersi nel 1964 con “Prima della rivoluzione”.
I tanti successi. Insieme a Sergio Leone e Dario Argento, poi Bertolucci firmò la sceneggiatura di “C’era una volta il West”; e fu proprio il padre degli “spaghetti western” ad insegnargli l’uso della cinepresa come occhio privilegiato di un rito collettivo. Spettatore appassionato della Cinematheque Francaise, scelse la capitale francese come set di “Ultimo tango a Parigi”, atto d’amore per la Nouvelle Vague. Per il film ottenne la collaborazione di Marlon Brando, mentre per la protagonista femminile scritturò la sconosciuta Maria Schneider. Il film scandalizzò il mondo intero per le sue immagini forti, che valsero al regista un processo e una condanna in patria (gli ritirarono per cinque anni il diritto di voto), oltre al rogo simbolico delle copie del film. Il regista a tal proposito ha sempre detto: “Amavo e amo la libertà e sono sempre stato contro ogni forma di censura. Allora pensavo che il mio destino fosse accomunato a quello di Pasolini e mi sentivo un eroe maledetto. Oggi la vedo diversamente, ma se il mio film ha qualche merito, ci conto anche quello di aver infranto tabù anacronistici”.
La pioggia di Oscar. Quel film scandalo lo proiettò nell’industria americana del cinema, ma Bertolucci seppe piegare gli Studios alla logica europea. Portò Robert De Niro, Burt Lancaster e Sterling Hayden nella pianura padana, travestendo Donald Sutherland da fascista al fianco della musa Laura Betti. Sono queste le basi di “Novecento”, cui seguirono il leggendario “Ultimo Imperatore” (premiato con nove Oscar nel 1987), “Il te nel deserto” (1990) e “Piccolo buddha” (1993). Nel 2003 Bertolucci tornò sul tema dell’utopia con “The Dreamers”. Su quell’opera disse: “Io continuo ad avere l’illusione che un giorno le culture si innamoreranno una dell’altra. Credo fortemente nell’innamoramento delle culture anche se in realtà in Italia vediamo che per esempio tutto questo è rifiutato. Lo vediamo con l’aumento della xenofobia”. L’ultimo film fu “Io e Te” del 2012, tratto dal romanzo di Nicolò Ammanniti. Poi la brutta malattia, culminata con la morte. Ciao Bernardo e grazie di tanti capolavori.
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