di RAFFAELE CICCARELLI*/ Ci sono calciatori che nel corso della loro carriera hanno talmente caratterizzato un’epoca e un determinato gesto tecnico da essere identificati con quello stesso. Il gol, il momento topico di una partita di calcio, l’essenza del gioco stesso, il suo momento emotivo, a lungo ha avuto le sembianze di Gerd Müller, il grande bomber tedesco scomparso in queste ore all’età di 75 anni. Negli anni Settanta, in un decennio caratterizzato dalle imprese della nazionale tedesca e del Bayern Monaco, il tutto è ruotato intorno alla figura di questo giocatore, realizzatore micidiale e implacabile, quanto “normale” nell’aspetto, predecessore di quel tipo di attaccanti identificati in Italia in Paolo Rossi prima e Pippo Inzaghi poi.
La sfavillante carriera di Gerd Müller. Dopo gli inizi nella squadra della sua città, il TSV 1961 Nördlingen, fu preso subito dal Bayern Monaco, e con i bavaresi scrisse la leggenda. Con Sepp Maier in porta e Franz Beckenbauer alla regia difensiva, Müller costituì la spina dorsale vincente di quella squadra, nei quindici anni di militanza avrebbe vinto quattro campionati tedeschi e quattro coppe di Germania, ma soprattutto avrebbe lasciato il segno a livello internazionale, vincendo una Coppa delle Coppe, tre Coppe dei Campioni, una Intercontinentale. Il tutto a suon di gol, 568 con il Bayern che, sommati a quelli con il Nördlingen e a quelli con il Fort Lauderdale Strikers negli Stati Uniti, porta al totale complessivo nei club di 661 reti realizzate.
Gerd e la Germania Ovest. Consequenziale la sua chiamata in nazionale dove, al di là delle sessantotto reti in sessantadue presenze, restano i trofei vinti, tra l’altro entrambi da capocannoniere. Nel 1972 aprì il ciclo dei bianchi vincendo il titolo europeo in Belgio, superando in finale l’Unione Sovietica (3-0), mettendo a segno due gol, replicando il successo nel mondiale casalingo due anni dopo, nell’allora Germania Ovest, vincendo contro l’Olanda di Johan Cruijff. Memorabile fu la rete che diede il successo ai bianchi tedeschi, che conteneva tutto il mix di furbizia, abilità e talento di questo giocatore: dopo le due reti su rigore, di Johan Neeskens per gli arancioni e di Paul Breitner per i bianchi, a due minuti dal termine del primo tempo fu Rainer Bonhof a involarsi sulla fascia desta e a crossare al centro.
La magia mondiale di Müller. Al centro dell’area, raccolse la palla proprio Gerd che, andando anche contro qualche legge della fisica, si inventò un avvitamento impossibile che mandò il pallone, lentamente ma inesorabilmente, a spegnersi nell’angolo alla destra della porta difesa da Jan Jongbloed. Noi italiani ricordiamo Müller come uno degli eroi dell’epica Italia-Germania Ovest di Messico 1970, autore di due reti ma alla fine sconfitto dagli azzurri, eroe perché tutti i protagonisti di quella partita sono da considerarsi tali, vincenti e perdenti. Triste è stato il tramonto di questo campione dopo aver terminato l’attività agonistica, segnato da lunghi momenti di depressione, per fortuna aiutato dai suoi ex compagni del Bayern e della nazionale, fino al triste epilogo di queste ore. Con la sua fine, possiamo dire che finisce colui che ha rappresentato l’essenza del gol, di anni irripetibili che hanno segnato la nostra vita e la storia del calcio.
*Storico dello sport
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