In Turchia il clima politico si fa sempre più irreparabile. Due gli episodi più allarmanti nelle ultime ore. La prima è l’annuncio delle improvvise dimissioni del premier Ahmet Davutoglu (foto a lato): pare che siano decise dopo uno scontro tra lui e il presidente Erdogan, che sembrerebbe intenzionato a collocare al suo posto il marito della figlia. Il secondo episodio riguarda direttamente la minaccia sempre più grave a ciò che resta, in Turchia, della libertà di stampa: il direttore del quotidiano turco di opposizione Cumhuriyet, Can Dundar (foto a destra), è stato condannato a 5 anni e 10 mesi di prigione per violazione di segreto di Stato con la pubblicazione dello scoop sul passaggio di armi in Siria. E subito dopo Dundar è scampato a un attentato a colpi d’arma da fuoco davanti al tribunale di Istanbul. Nello stesso processo, il suo caporedattore Erdem Gul è stato condannato a 5 anni. Un uomo armato ha attaccato Dundar davanti al tribunale di Istanbul, dove il giornalista era in attesa della sentenza del processo a sugo carico. Per fortuna Dundar è rimasto illeso; l’assalitore è stato arrestato. Nell’attacco è rimasto ferito a una gamba, in modo non grave, un reporter di Ntv che si trovava nelle vicinanze.
Intanto è giallo sulla sorte dell’altro quotidiano di opposizione, Zaman: prima la notizia della chiusura entro il 15 maggio; poi la smentita. “Non abbiamo un piano per la chiusura di “Zaman”, abbiamo lavorato per la pubblicazione e la crescita di questo giornale e continueremo a farlo”, hanno reso noto in un comunicato gli amministratori giudiziari del quotidiano dopo le polemiche scoppiate per la notizia dell’imminente chiusura di quello che in Turchia era il più diffuso quotidiano di opposizione al presidente Recep Tayyip Erdogan, prima del suo commissariamento a inizio marzo. Il destino del giornale appare però segnato dal crollo delle vendite, scese in poche settimane da oltre mezzo milione ad appena 2 mila, molto al di sotto della soglia di sopravvivenza, perché i lettori hanno paura di acquistarlo per evitare eventuali ritorsioni.
Il sequestro, deciso dai giudici per presunti legami con il magnate e imam Fethullah Gulen, ex alleato e ora nemico giurato di Erdogan, aveva rilanciato i già forti allarmi sulla libertà di stampa in Turchia. Il crollo delle vendite aveva portato in precedenza alla chiusura di tv, radio e giornali del gruppo editoriale Ipek, anch’esso commissariato alla vigilia delle elezioni di novembre, sempre per presunti legami con Gulen.
Tutto ciò dovrebbe far riflettere l’Europa sugli accordi con la Turchia per il problema migranti e sulla promessa fatta ad Erdogan di facilitare l’ingresso di quel paese nell’Unione Europea.
come facciano a vivere in Turchia (quando ci penso mi circonda lo sconforto umano) coun governo criminale comandatao dal criminale erdogan non lo so… e infatti penso che se il popolo lo prendesse non so cosa gli farebbe, peggio di gheddafi, spero che accada, l’esercito che non interviene e il criminale portato in piazza dalla folla…