Decine di migliaia di persone, al grido di ‘Black Live Matter’ e ‘I can’t breathe’, stanno manifestando in tutta l’America contro il razzismo e le brutalità della polizia. Ovunque, grandi metropoli e piccole città, va in scena il rito di inginocchiarsi per 8 minuti e 46 secondi, esattamente il tempo durante il quale un poliziotto di Minneapolis ha tenuto il suo ginocchio premuto sul collo di George Floyd uccidendolo.
La marcia più attesa è quella di Washington, dove la protesta più che in ogni altra città viene sentita anche come una sfida al presidente Donald Trump. Oltre 6.000 persone stanno sfilando in corteo dopo essersi radunate davanti all’iconico Lincoln Memorial e a Capitol Hill, sede del Congresso. Tutti marciano verso l’area di Lafayette Plaza, di fronte a una Casa Bianca blindatissima. Il numero dei manifestanti cresce di ora in ora e le proteste, finora assolutamente pacifiche, andranno avanti per tutto il pomeriggio e la serata. Gli organizzatori puntano ad un milione di partecipanti. Su Twitter è stato lanciato l’hashtag #1MillionDCSaturday per mobilitare più persone possibile. “Abbiamo informazioni – ha detto alla vigilia il capo della polizia del District of Columbia Peter Newsham – che l’evento sarà uno dei più grandi mai svolti”.
In migliaia anche per le strade di New York, dove un corteo ha attraversato il ponte di Brooklyn per dirigersi a Manhattan verso City Hall, la sede del comune dove si trovano gli uffici del sindaco Bill de Blasio. Una folla enorme anche a Chicago, Philadelphia, Atlanta, Miami, Los Angeles, Seattle, Denver, Minneapolis. In migliaia in strada a Buffalo e Tacoma, le due città teatro degli ultimi due video shock delle violenze da parte della polizia.
Sarà dunque una sfida al razzismo, alla polizia violenta, ma anche a Donald Trump, che ha fatto erigere un vero e proprio muro di barriere e recinzioni intorno alla Casa Bianca per difendersi dall’assedio e dalle contestazioni. Il presidente è furioso: sa che l’ondata di proteste e disordini sociali stanno mettendo in difficoltà la sua corsa per la rielezione. Ma con le sue esternazioni e i suoi post, il tycoon finisce per alimentare polemiche e tensioni. Come quando, commentando il sorprendente boom dell’occupazione a maggio, davanti alle telecamere ha detto: “Oggi è un grande giorno per George Floyd. Lui ci guarda dal paradiso e sta lodando l’economia americana”. Parole che hanno scatenato l’ennesima bufera di critiche, cui Trump ha risposto: “Il mio piano contro il razzismo è un’economia forte”. “Spregevole”, il lapidario commento del suo rivale alle Presidenziali, il dem Joe Biden.
La vigilia della manifestazione è stata animata infatti da un nuovo, drammatico video che ha scioccato l’America: un altro afroamericano morto dopo essere stato fermato da alcuni agenti, stavolta a Tacoma, nello Stato di Washington. A girarlo è stata una donna che si trovava per caso dietro alla macchina della polizia. L’episodio risale al 3 marzo e la vittima, Manuel Ellis, avrebbe detto poco prima di perdere la vita: “I can’t breathe”, non respiro. Proprio come Floyd.
La testimone ha raccontato che all’inizio l’uomo si era avvicinato all’auto degli agenti e che la conversazione appariva tranquilla. Poi, all’improvviso, un poliziotto ha aperto la portiera ed ha scaraventato l’uomo a terra. A quel punto le immagini mostrano gli agenti accanirsi su Ellis in quello che appare come un vero e proprio pestaggio, con la donna che si sente urlare: “Basta, fermatevi, smettetela di colpirlo, arrestatelo e basta!”. Dalle comunicazioni tra gli agenti e la centrale, pubblicate sul sito Broadcastify, si sente prima un poliziotto suggerire ai colleghi di usare una tecnica di stretta con le gambe. Poi la voce di Ellis: “Non respiro”. E il decesso sul posto. Le indagini dovranno stabilire se la morte sia avvenuta per soffocamento o per i colpi ricevuti. Per la polizia sarebbe stato Ellis ad aggredire gli agenti.
Ed è sempre ricoverato in gravi condizioni Martin Gugino, il noto attivista 75enne di origini italiane, spinto con violenza a terra da due poliziotti giovedì a Buffalo. Il tutto anche stavolta immortalato da un video subito divenuto virale sul web. I due agenti, accusati di aggressione e subito sospesi dal servizio, sono comparsi oggi davanti a un giudice: si sono detti non colpevoli e sono stati poi rilasciati senza cauzione. Dopo la loro sospensione, peraltro, 57 colleghi dell’Emergency Response Team del dipartimento di polizia di Buffalo si erano dimessi per solidarietà.
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