di ENNIO SIMEONE – Probabilmente (ma ci auguriamo di essere smentiti) Donald Trump ha elaborato, ben prima che il 3 novembre si aprissero i seggi, una strategia per asserragliarsi nella Casa Bianca in caso di sconfitta elettorale, ma asserragliarsi non per un breve periodo: non per una azione dimostrativa, bensì per restarci il più a lungo possibile con i pieni poteri presidenziali.
Il sospetto viene spontaneo dopo che nell’ultima sortita ufficiale ha smentito quanti avevano avuto la sensazione che il tycoon stesse per gettare la spugna dopo che il primo ricontrollo delle schede in Georgia, da lui preteso al grido di brogli a suo danno, aveva dato un responso opposto alle sue pretese, addirittura segnando un aumento del distacco elettorale a vantaggio di Biden, accreditato di 330 “grandi elettori” contro 213 attribuiti a lui.
Potrebbe apparire paradossale, ma non lo è: lo sarebbe per chiunque, ma non per un personaggio come lui, che ha sempre improntato i suoi comportamenti all’arroganza, al disprezzo per le regole quando non può piegarle ai suoi interessi e alle sue ambizioni. Da lui c’è da temere qualunque genere di colpo di mano. E un colpo di mano potrebbe essere quello che potrebbe tentare, anzi potrebbe aver progettato ben prima che gli americani andassero alle urne, cioè quando i sondaggi preelettorali continuavano ad assegnare il vantaggio a Biden.
È da allora che ha cominciato a martellare i mezzi di comunicazione dicendo che gli avversari stavano preparando brogli elettorali piegando ai loro interessi la facoltà che gli elettori hanno di votare per posta. Una balla assoluta, visto che negli Stati Uniti il voto per posta è previsto istituzionalmente (e largamente praticato) da oltre un secolo e non ha mai offerto motivi di contestazione se non per dei dettagli rivelatisi sempre ininfluenti sull’esito delle consultazioni elettorali. Una balla, certo, ma un cavillo affidato all’abilità del suo avvocato Rudolph Giuliani, ex sindaco di New York, e alla squadra di legali che lavorano per lui, con il compito di ingigantire una lunga e complessa procedura giudiziaria da far finire davanti alla Corte Suprema (i cui membri sono in larga maggioranza a lui fedeli), e in attesa della cui decisione la sua permanenza alla Casa Bianca possa essere prorogata nel tempo e, magari, persino sfociare in una lunga sospensiva della proclamazione dell’esito elettorale del 3 novembre. E a coprire l’intera operazione Trump continua a far organizzare manifestazioni in suo sostegno e in sostegno della sua reiterata balla di aver vinto le elezioni.
Nei giorni scorsi (come mostra la foto in alto) ha cambiato il colore della sua abbondante capigliatura: dal giallo zabaglione è passato al bianco platinato. Quasi a simboleggiare il motto che il lupo cambia il pelo ma non il vizio.
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