di RAFFAELE CICCARELLI*/ Se errare è umano, perseverare sta diventando più che diabolico per chi dirige il nostro calcio. Perché a Euro 2024 abbiamo assistito solo all’ultimo fallimento della nostra Nazionale, che rappresenta appunto il nostro calcio, fallimento perseverante che si è soliti far partire dalle mancate qualificazioni a Russia 2018 e a Qatar 2022, ma che aveva già dato sinistre avvisaglie alle figure indecorose fatte nel 2010 e nel 2014. Intermezzi più o meno felici erano parsi proprio gli Europei, con la finale conquistata nel 2012, i quarti “da combattimento” del gruppo guidato da Antonio Conte nel 2016, fino al trionfo del 2021. Tutti buoni o ottimi risultati che potevano rappresentare l’occasione giusta per porre mano alle necessarie riforme del nostro calcio, e sono invece finite per diventare foglie di fico per ricoprire peccati di cui non ci si vuole emendare.
Le critiche a Spalletti. Perché poi è facile scaricare le colpe tutte su Luciano Spalletti, che pure ne ha tante riguardo a convocati e prestazioni, ma se poi il CT, chiunque esso sia, si trova ad operare in costante emergenza, evidentemente i problemi sono altri, più endemici, e non riguardano il campo. Innanzitutto il sistema federale non funziona, il presidente sembra più un burattino con i fili manovrati dai “signori” della Lega piuttosto che uno capace di poter prendere decisioni in autonomia. La prova? Dov’è la riforma dei format dei campionati, sbandierata da chiunque si candidi a quella poltrona, e poi puntualmente accantonata? Dei “signori” della Lega abbiamo detto, guardano solo ai loro interessi di bottega, senza fare sistema, insensibili ad un mondo che ci sta vedendo sempre più ai margini nel consesso euromondiale, forti soltanto dell’appoggio delle singole tifoserie. Chiaramente colpe sono da ascrivere anche agli allenatori, o presunti tali, che gravitano soprattutto intorno al mondo giovanile.
I problemi nascono dal basso. È questo il vero problema: gli stranieri abbondano anche in altre nazioni, vedi la tanto decantata Inghilterra, ma là campioni quali Jude Bellingham, Bukayo Saka, Declan Rice, Phil Foden, Jack Grealish, per limitarci ai più giovani, sono valorizzati lo stesso, perché non accade anche da noi? Forse si pensa al risultato sin da piccoli, invece che curare la tecnica, il pane di ogni giocatore? Usando un paragone, insegniamo materie da liceo all’asilo, poi all’Università ci ritroviamo degli analfabeti. Tutto da cambiare anche qui, possiamo vantare la migliore scuola allenatori del mondo, che però si è dimenticata di formare “istruttori”.
L’invasione della politica. Poi ci si sono messe le ingerenze politiche, bisognerebbe chiedersi con che coraggio questi “signori” vengano a interessarsi delle cose del calcio, quando i politici si dimostrano impresentabili e incapaci di governare la Nazione stessa. In ultimo, nemmeno è esente da colpe il nostro mondo, quello della comunicazione, in cui i “giornalisti”, rigorosamente tra virgolette, pur di non perdere privilegi sono pronti ad asservirsi a questo o quel presidente, sia esso federale, di lega, di comitato o di società, dimentichi che il nostro dovere è quello di essere coscienza critica proprio di chi non vuole critiche pensando di fare solo il proprio tornaconto.
Azzerare tutto per ripartire. È tutto questo nauseabondo mix che ha portato a questa situazione, è ora di azzerare veramente tutto, ripartire da gente di calcio e non politici al vertice della Federazione; da presidenti che abbiano veramente a cuore il nostro pallone; da politici che si limitino a fare i tifosi, magari anche parlando poco, piuttosto che intervenire per farsi l’ennesima, vuota, pubblicità; da un Settore Tecnico che formi allenatori capaci di insegnare e mentalmente pronti a mettersi in gioco, invece che pensare solo a salvare la panca asservendosi; e anche da noi giornalisti, infine, non genuflessi alla voce del padrone, ma padroni noi delle nostre voci. Tra poco si inizia con le qualificazioni al mondiale del 2026, presentarsi in queste condizioni significa mettere a rischio la nostra qualificazione, quarantotto o meno che siano le squadre partecipanti. Non ce lo possiamo permettere, e se la vittoria di tre anni fa non è servita ad avviare le dovute riforme, che serva questa sconfitta. Ne va del bene del nostro calcio.
*Storico dello sport
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