“Principalmente parlavo con Montella, il quale mi diceva che comunque tutti gli altri carabinieri della stazione erano ‘sotto la sua cappella’, compreso il comandante Orlando… alcune volte ho parlato anche con Falanga”. Così, lo scorso gennaio, davanti agli investigatori, il giovane pusher marocchino che passava le informazioni ai carabinieri infedeli della caserma Levante di Piacenza, descrive la figura di Giuseppe Montella (foto Ansa ripresa dal profilo Istagram), il leader del gruppo, conosciuto molti anni prima perché faceva il preparatore atletico di una squadra di calcio di cui aveva fatto parte. E’ quanto emerge dalla carte dei pm piacentini titolari dell’inchiesta ‘Odyssesus’.
Il legale di Montella: si può sbagliare per vanità e ingenuità – “Si può sbagliare, si possono fare errori, per ingenuità, per vanità, per tante cose. Certe condotte possono avere rilevanza penale e chi ha sbagliato pagherà”. Lo ha detto l’avvocato Emanuele Solari, il legale di Giuseppe Montella, il carabiniere considerato al vertice della piramide del sistema criminale messo in piedi nella caserma Levante, di fatto non escludendo che il suo assistito abbia fatto delle prime ammissioni davanti al Gip. Il carabiniere ha risposto per 3 ore a tutte le domande che gli sono state poste, “fornendo tutte le informazioni che poteva fornire”, ha spiegato l’avvocato, “c’è la volontà di spiegare e ci saranno ulteriori riscontri. È stato collaborativo al cento per cento nel rispetto della giustizia”. In sostanza, ha aggiunto l’altro avvocato, “c’è stata una collaborazione completa, chiarificatrice, esplicita e senza esitazioni”.
VERTICI AZZERATI – Il comando generale dei Carabinieri ha disposto il trasferimento dei vertici dell’Arma a Piacenza dopo l’inchiesta che ha portato in carcere diversi militari: a partire da oggi hanno lasciato l’incarico il comandante provinciale Stefano Savo, il comandante del reparto operativo Marco Iannucci e il comandante del nucleo investigativo Giuseppe Pischedda. I tre non sono coinvolti al momento nell’inchiesta ma la decisione è stata presa, sottolineano fonti dell’Arma, da un lato per il sereno e regolare svolgimento delle attività di servizio e dall’altro per recuperare rapporto di fiducia tra la cittadinanza e l’Arma.
A 24 ore dalla clamorosa inchiesta della Guardia di Finanza che ha portato al sequestro di una caserma dei carabinieri e all’arresto di sei militari per reati gravissimi, e che ha sconvolto l’intera città emiliana, l’indagine della Procura della Repubblica di Piacenza prosegue. E nel frattempo emerge che la stazione Levante di Piacenza, sequestrata dopo l’arresto dei sei carabinieri che la componevano, nel 2018 ricevette un encomio solenne. Alla festa dei Carabinieri il comandante della Legione Emilia-Romagna li premiò “per essersi distinti per il ragguardevole impegno operativo ed istituzionale e per i risultati conseguiti soprattutto nell’attività di contrasto al fenomeno dello spaccio di sostanze stupefacenti”.
Il procuratore Grazia Pradella preferisce non parlare, vista la delicatezza del momento, ma negli ambienti investigativi è palpabile la certezza che di lavoro da fare, a livello di indagine, ce n’è ancora un’enormità. A cominciare dalle tante persone informate sui fatti, soprattutto colleghi degli arrestati, che verranno sentiti nelle prossime settimane. Sul fronte giudiziario, mentre escono altri dettagli contenuti nell’ordinanza di oltre 300 pagine del gip Luca Milani che ha portato agli arresti, c’è attesa per gli interrogatori di garanzia che si terranno tra oggi e sabato in carcere, dove i carabinieri sono attualmente detenuti in isolamento, tranne il maresciallo comandante della stazione che è agli arresti domiciliari. Vista la mole di accuse a loro carico, è prevedibile che le tempistiche degli incontri con il gip siano lunghe. Altrettanto ipotizzabile è che per il momento alcuni possano avvalersi della facoltà di non rispondere.
Parallelamente all’inchiesta cardine (partita dalla segnalazione dell’ex comandante del nucleo investigativo Rocco Papaleo, in una segnalazione fatta alla polizia municipale) si sono aggiunte quella della Procura Militare di Verona, competente su Piacenza, che come riferito dal procuratore Stanislao Saeli ha già “ravvisato gli estremi per reati militari”, e quella interna alla stessa Arma della quale ha parlato il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, “per accertare se vi sono stati elementi di criticità nei controlli e più complessivamente nell’organizzazione della realtà territoriale di Piacenza. Un lavoro che verrà fatto in maniera molto esigente e molto scrupolosa”.
L’Arma dei carabinieri ha dato un segnale forte e importante, nominando all’istante un nuovo comandante di Compagnia al posto dell’ufficiale sospeso dal servizio per il suo coinvolgimento, ancora comunque da valutare, nella vicenda dei carabinieri corrotti. Il nuovo comandante è un giovane capitano che arriva dalla Sicilia.
Nel frattempo il comando Generale di Roma ha attivato di fronte all’ingresso della Caserma Levante, alla quale sono ancora apposti i sigilli, una stazione mobile con carabinieri di rinforzo a disposizione dei cittadini per non interrompere la presenza dell’Arma in quel punto così delicato della città.
I fatti di Piacenza, però, fanno discutere. Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, ha parlato di “un fatto enorme e gravissimo che ricorda la vicenda di mio fratello. Basta parlare di singole mele marce, i casi stanno diventando troppi. Il problema è nel sistema: mi vengono in mente i tanti carabinieri del nostro processo che vengono a testimoniare contro i loro superiori e mi chiedo con quale spirito lo facciano quando poi spuntano comunicati dell’Arma subito dopo la testimonianza come nel caso del loro collega Casamassima”.
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