di ENNIO SIMEONE – La vittoria delle pentastellate Virginia Raggi a Roma e Chiara Appendino a Torino (foto a lato) – sorprendenti per le dimensioni la prima e per il particolare significato politico la seconda – sono due macigni sulla testa del segretario Pd e presidente del Consiglio Matteo Renzi e dei suoi più fedeli collaboratori e portavoce (i vice segretari, Debora Serracchiani e Lorenzo Guerini, i capigruppo in Senato, Zanda, e alla Camera, Rosato, oltre alla corte di ventriloqui che si cimentano nei talk show televisivi senza distinzione di sesso e di servilismo).
Il risultato elettorale di queste due città – unitamente a quello sofferto di Milano (dove il candidato renziano Sala la spunta su quello del centrodestra, Parisi, solo per un pugno di voti, grazie all’appoggio pesante ricevuto anche dall’ex sindaco, Pisapia, e da altre anime della sinistra) e unitamente alla trionfale vittoria a Napoli di De Magistris, antagonista del capo del governo, alla sconfitta del sindaco Pd nella Trieste della Serracchiani ad opera del candidato di centrodestra e persino alla vittoria a Bologna di Merola, un pd firmatario del referendum contro il jobs act – è l’espressione plastica della bocciatura della politica di Matteo Renzi. Una bocciatura di valore nazionale e dai connotati precisi dimostrata ulteriormente dal fatto che la forza inequivocabilmente antagonista del renzismo, il Movimento 5 stelle, ha vinto i ballottaggi in 19 dei 20 comuni nei quali era presente con un suo candidato.
Qualche osservatore ha voluto ribattezzare elegantemente questo risultato come “la fine della luna di miele tra Renzi e il paese”, che aveva avuto la solenne inaugurazione appena due anni fa con il 40% ottenuto alle elezioni europee e si è conclusa dopo appena due anni. In realtà è una sonora sconfitta, tale da far apparire adesso Renzi come una meteora che ha imboccato la parabola discendente.
Ancora una volta il capo del governo e del partito ha tentato la furbata diramando nella notte un comunicato in cui, nell’ammettere senza mezzi termini la sconfitta – che tocca pesantemente anche altre città importanti come Novara e Grosseto e soprattutto come Trieste, che ricade sotto il governo di Debora Serracchiani in quanto presidente del Friuli Venezia Giulia (pur bilanciandola con alcuni esiti positivi in città lombarde, oltre Milano) – tuttavia la scarica sui “candidati delle città”, cercando di scrollarla di dosso da chi dirige il partito come un dominus incontrastato.
Ma negare l’evidenza gli potrà ancora servire. Lo vedremo nella riunione della Direzione del Pd che ha convocato d’urgenza per venerdì 24 giugno.
QUESTI I RISULTATI NELLE GRANDI CITTA’
CAPOLUOGO DI REGIONE
ROMA
Virginia Raggi (M5s) 67,20
Roberto Giachetti (Pd-cs) 32,80
TORINO
Chiara Appendino (M5s) 54,56
Piero Fassino (Pd-cs) 45,44
MILANO
Giuseppe Sala (cs) 51,70
Stefano Parisi (cd) 48,70
NAPOLI
Luigi De Magistris (civica) 66,85
Gianni Lettieri (cd) 33,15
BOLOGNA
Virgilio Merola (Pd-cs) 54,64
Lucia Borgonzoni (Lega-cd) 45,36
TRIESTE
Roberto Di Piazza (cd) 52,63
Roberto Consolini (pd-cs) 47,37
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L’affluenza alle urne su scala nazionale nei 121 comuni con popolazione superiore a 15mila abitanti chiamati al ballottaggio è stata del 50,54%.
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