di LUCA BARNI* – Versare oltre 400 mila euro al fondo nazionale per la risoluzione delle crisi bancarie. Questa la richiesta arrivata alla mia Bcc da Banca d’Italia il 28 dicembre. Cioè il più lontano possibile dal Natale e dall’ultimo giorno dell’anno. Mica che, visto il periodo di festa, lo potessi interpretare come un regalo! Ora, battute a parte, non sono qui a lamentarmi o a piangere e ho ben chiaro che Banca d’Italia, facendo solo il suo lavoro, ha chiesto questo contributo straordinario a tutte le banche italiane.
Ma ho anche chiaro che per una banca dalle dimensioni della mia, in anni di crisi, questo obolo non può che far male. Inoltre quegli oltre 400 mila né andranno a patrimonio né torneranno in quota parte al territorio e alle comunità del Varesotto e dell’Altomilanese che li hanno generati. E a questo aggiungo il fatto che la mia Bcc già eroga un contributo ordinario annuo di 210 mila euro al fondo nazionale per la risoluzione delle crisi bancarie.
Non mi lamento, dicevo, ma due cose vanno dette chiaramente. La prima – che già da sola potrebbe bastare – è che la mia banca è una Bcc, quindi una cooperativa del credito che ha il proprio fondo di risoluzione delle crisi. Cioè che si aiuta da sé. In altre parole: quando una delle tante Bcc italiane ha avuto problemi, mai un euro è stato chiesto allo Stato (e quindi ai cittadini) o alle altre banche. E le crisi ce le siamo risolte con il contributo delle sole Bcc. La seconda – e questa la trovo quantomeno bizzarra – è che mi chiedono di aiutare chi mi ha fatto concorrenza fino a ieri, così che possa andare avanti a farmi concorrenza. Mi spiego: non è passato molto tempo da quando chi stiamo per aiutare si proponeva ai risparmiatori e alle aziende con tassi decisamente fuori mercato. Tassi che, a me era chiaro, avrebbero portato grandi problemi. E infatti così è stato.
E adesso? Adesso “Pantalone”, mazziato e gabbato, deve pagare…
*Luca Barni è direttore generale Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate
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