BASTA CON LA GRANDE BALLA DELL'”AGENDA DRAGHI”!

di ENNIO SIMEONE – Un lettore, che ci chiede di garantirgli l’anonimato, ci ha scritto per contraddire coloro che sostengono che “l’Agenda Draghi” non esiste, e che è semplicemente una invenzione (lui scrive:”una formula”) di Enrico Letta per costruire intorno al Pd una coalizione in grado di fronteggiare la carenza di consensi e di voti in vista dell’appuntamento elettorale del 25 settembre. 

Un altro lettore, anche lui pregandoci di non divulgarne l’identità, sostiene, al contrario, che esiste una vera e propria “agenda”, che lui preferisce definire “strategia a tappe verso un obiettivo finale: il Quirinale”. 

 E il ragionamento ha una sua logica, anche se non si capirebbe, prendendolo per buono, quale interesse avrebbe Letta a farsene sostenitore, anzi ad usarlo come vessillo di una campagna elettorale per il Pd o per un’alleanza “di sinistra”

Partiamo dalla cronaca politica di questo ultimo mese o poco più. Tutto nascerebbe dalla delusione di Draghi  per la sua mancata elezione al Quirinale alla scadenza del mandato di Sergio Mattarella. Il quale – è bene ricordarlo – aveva fatto dare molto, persino eccessivo, rilievo dai mezzi di comunicazione ai suoi preparativi per la fine del settennato e il meritato “pensionamento”. Un rilievo francamente piuttosto esagerato, accompagnato da un’altrettanto  eccessiva sottolineatura di Draghi del disagio per alcuni modesti dissensi in parlamento, che, però, non si erano mai trasformati in dichiarazioni di sfiducia. Tant’è vero che è stata la prima volta che un presidente del Consiglio ha presentato le sue dimissioni al Capo dello Stato pur non avendo avuto in parlamento nessun voto di sfiducia, tant’è che Mattarella le aveva respinte.

Ora in tutti talk show viene ribadita la bugia di Luigi Di Maio secondo cui  a far cadere il governo Draghi sono stati i Cinquestelle”, quando il partito capeggiato dall’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte non ha mai votato la sfiducia al governo Draghi, ed anzi quando c’era in votazione un provvedimento governativo legato in Senato al voto di fiducia, i senatori pentastellati sono usciti dall’aula proprio per non votare la sfiducia. Infatti Mattarella, alla prima presentazione delle dimissioni di Draghi, le ha respinte. Ma Draghi ha pervicacemente insistito, sempre sostenendo (come aveva iniziato a fare da settimane) la tesi che “senza i Cinquestelle questo governo non può continuare ad esistere”. Una tesi assolutamente infondata, anche se Draghi sapeva in anticipo che Di Maio stava preparando la scissione dei Cinquestelle, cui è seguita addirittura una sua alleanza con il Pd.

In definitiva l’agenda Draghi è tutt’altra roba e forse non sapremo mai che cosa è (o era) nella testa di Enrico Letta. Perché era ed è tuttora nella testa di Draghi, con un pensiero sempre rivolto alla poltrona che si trova non a Palazzo Chigi ma al Quirinale.

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