E’ stata un’altra giornata di guerra e di lutti in Siria per le bombe sganciate dalla Russia, dalla Turchia e dagli Usa, tutti giustificandosi con la necessità di combattere il terrorismo ma ciascuno perseguendo, sì, l’obiettivo di fermare il jihadismo, ma avendo scopi contrastanti: i russi per sostenere Assad, i turchi per perseguire i curdi, gli americani per frenare l’azione di Mosca. E sono stati colpiti e distrutti 5 ospedali e uccise almeno 50 persone, con un numero enorme di feriti. Tra le strutture sanitarie colpite c’ anche un ospedale gestito da Medici senza frontiere a Idlib.
“Sembra essere stato un attacco deliberato contro una struttura sanitaria, e lo condanniamo nel modo più fermo possibile”, ha detto Massimiliano Rebaudengo, capo delle operazioni di Msf per la Siria. L’ospedale è stato colpito da quattro missili a distanza di minuti uno dall’altro. Msf non ha fornito il numero dei morti, ma ha detto che otto membri del personale sono dispersi. La struttura sanitaria aveva 30 posti letto e 54 operatori medici e paramedici. La clinica offriva assistenza a una popolazione di 40.000 persone. L’attacco missilistico ha colpito poi i reparti di ginecologia e pediatria della clinica di Azaz, a nord di Aleppo.
Ciononostante la Russia ha affermato che continuerà a bombardare la zona circostante Aleppo, anche se si dovesse arrivare ad un accordo sul cessate il fuoco in Siria. Lo dice il ministero degli Esteri russo, citato da Interfax. Motivo: il bombardamento del territorio siriano da parte di Ankara equivale a “un manifesto sostegno al terrorismo internazionale e alla violazione delle risoluzioni del consiglio di sicurezza dell’Onu”. “La Turchia – aggiunge Lavrov – continua a favorire la penetrazione illegale di forze fresche jihadiste e mercenari armati in Siria”. A sua volta il premier russo Dmitri Medvedev, in un’intervista al settimanale Time ripresa dal sito internet del governo russo, ha affermato che “la Russia non intende restare in Siria per sempre. Noi – ha proseguito – siamo lì per compiere una missione limitata e specifica che è legata alla protezione dei nostri interessi nazionali”.
E dal canto suo la Turchia si considera in diritto di sconfinare in territorio siriano perché dice di non poter tollerare che ai suoi confini i curdi, che considera nemici nonostante che siano in prima linea nella lotta contro l’Isis, rafforzino le loro posizioni.
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