Sembra spirare un’aria nuova nel calcio, novità tutte legate a quanto produce il campo, perché le tristezze che stiamo vivendo a livello gestionale sembrano ben lungi dal trovare soluzione. La fine delle competizioni nazionali ha lasciato spazio alle nazionali, nell’anno senza campionati mondiali o europei, Mondiale under 20, Coppa America, Mondiale femminile e Europeo under 21 conquistano la ribalta. In attesa che giungano a conclusione alcune di loro (mancano le gare decisive per alcune), la novità è arrivata dal Mondiale under 20, che ha visto prevalere la Serbia in finale sul solito Brasile. Una novità assoluta, che consacra i serbi come degni eredi di quella che fu la Jugoslavia prima della frammentazione, dando un riconoscimento importante ad una scuola calcistica tutta genio e sregolatezza, che ha sempre avuto nella continuità di prestazioni il proprio tallone d’Achille, ma che ha sempre prodotto talenti calcistici puri.
Tanti spunti di rilievo. Sempre interessante il mondiale dei giovani, perché permette di scoprire potenziali campioni, ma anche di vedere all’opera scuole calcistiche sconosciute, vedi Myanmar o Fiji. Presenze spesso folcloristiche, di poca valenza calcistica, ma importanti per aiutare lo sviluppo del calcio a latitudini diverse, possibili ricettacoli di talenti sconosciuti. La domanda da porsi di fronte a questo fenomeno è perché sia quasi puntualmente assente sempre il nostro calcio. Un evidente disinteresse, poca volontà di impegnarsi nella crescita collettiva dei giovani continuano a relegare nelle retrovie il nostro calcio nella massima competizione giovanile, anche se poi otteniamo risultati lusinghieri a livello di Under 21, in una contraddizione che ha una difficile spiegazione razionale.
Brasile ancora ko. Ha vinto la Serbia a sorpresa, quindi, contro il solito Brasile che, invece, insieme all’Argentina ha fatto di questa competizione il proprio terreno di conquista (sei vittorie i platensi, cinque gli auriverde), anche se nelle ultime due edizioni hanno vinto squadre europee, la Francia di Paul Pogba e di Geoffrey Kondogbia nel 2013, appunto gli slavi in questa, mettendo in mostra un ottimo collettivo e campioncini dal roseo futuro come i brasiliani Marlon, Jaja e Jean Carlos o i serbi Babic, Zivkovic e Maksimovic, che ha deciso con un gol a due minuti dalla fine sei supplementari la finale contro il Brasile (due a uno).
Africani in evidenza. Da segnalare anche l’ottima prestazione del calcio africano, con Mali e Senegal piazzatisi ai posti d’onore, forse un primo passo definitivo verso l’esplosione del calcio di questo continente, dalla grandi potenzialità finora sempre disattese.
Lustro slavo. Questa vittoria serba riporta lustro ad una scuola che è sempre stata tra le migliori d’Europa, anche se l’unica vittoria precedente risale all’edizione del 1987, una delle cinque cui ha partecipato anche l’Italia, il cui miglior risultato è stato il raggiungimento dei quarti (nel 2005 e nel 2009), quando tra gli slavi giocavano prospetti del calibro di Robert Jarni, Zvonimir Boban, Robert Prosinecki, Predrag Mijatovic, Davor Suker, campioni che hanno fatto la storia del calcio internazionale. Proprio i nomi citati sopra devono far riflettere il nostro calcio sull’importanza che hanno questo tipo di manifestazioni nella maturazione di giovani talenti, abituandoli a quella che è la competizione ai massimi livelli.
Italia in ritardo. Noi, purtroppo, siamo fermi all’Under 21 della quale, trascorsi i fasti degli anni passati con ben cinque vittorie, dobbiamo soffrire proprio in questi giorni l’eliminazione ai gironi nella fase finale che si sta disputando in Repubblica Ceca, abbandonando anche il sogno di partecipare ai Giochi Olimpici di Rio: un vero peccato, considerando il valore della nostra squadra, un’occasione da non perdere per fare una riflessione sulle cause e gettare le basi per programmi solidi che permettano a tutto il nostro calcio di puntare ad un miglioramento che deve necessariamente partire dalle fondamenta.
*Storico dello sport
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