Caro Letta, “Campo largo” sì, ma senza pericolosi infiltrati

di ENNIO SIMEONE Come jene i soliti opinionisti da talk show (che hanno come “secondo lavoro” per alcuni giornali quello di specialisti in spara-sentenze) si sono avventati su Enrico Letta subito dopo la diffusione dei primi dati parziali di questa tornata elettorale amministrativa per dargli la loro interpretazione del “campo largo” su cui il segretario del Pd vuole puntare per una alternativa alla destra di Salvini-Meloni-Berlusconi. 

La direttiva è: altro che Cinquestelle! Puntare sull’apertura delle porte del Pd a Renzi e Calenda, cioè ai due avventurieri che avevano sconsigliato (anzi vietato) a Letta di aprire le porte ai Cinquestelle per la realizzazione di quel “campo largo” su cui il segretario del Pd ha puntato la campagna elettorale che lo ha portato domenica scorsa a diventare il primo partito italiano e per il quale Giuseppe Conte sta lavorando, anche allo scopo di dare al Movimento le caratteristiche di una formazione politica che fondi la sua politica non più soltanto sulla protesta ma anche su un organico progetto di governo dell’Italia in alleanza (pur nella autonomia) con il partito che su tale progetto vuole  diventare punto di riferimento per gli italiani, in netta alternativa alla destra.

Calenda è inaffidabile per la sua discontinuità (non dimentichiamo che appena si iscrisse al Pd si dimise per fondare un movimento “alternativo”). Renzi  è ancor più inaffidabile per la sua devastante capacità distruttiva, che lo ha portato a distruggere il Pd e lo ha portato a dare recentemente la sua disponibilità ad una alleanza con Berlusconi.

Campo largo, dunque, sì, ma non lasciando che venga minato da queste due nocive presenze.

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