CHAMPIONS E DINTORNI/ Immenso Real, terza finale di fila. Bernabeu: Bayern ancora una volta fuori tra le polemiche. Nazionale, Roberto Mancini presto nuovo ct

di FABIO CAMILLACCI/ Il Real è il Real: alla fine passa sempre il Madrid. Il Real Madrid è la prima finalista della Champions 2017-18. Dopo Milano (trionfo ai rigori contro i cugini dell’Atletico) e Cardiff (4-1 alla Juventus), road to Kiev: terza finale di fila per i “Galacticos” che ora hanno la grande opportunità di calare un  tris ancor più storico. La quarta Champions in 5 anni. Prima unica e squadra a vincere per due volte consecutive la Champions, il Real continua a scrivere la storia del calcio. La squadra di Zidane contro il Bayern al Bernabeu per il ritorno delle semifinali soffre da matti, ringrazia nuovamente l’arbitro, si difende coi denti, finisce assediata, arroccata, spaventata, non gioca granché bene. Un tris di trionfi in Coppa Campioni non si registra dal 1976, quando proprio il Bayern Monaco di “Kaiser” Franz Beckenbauer vinse per tre volte di seguito la “Coppa dalle grandi orecchie”. Intanto, mister Zizou allunga la sua immacolata e incredibile serie positiva: in Champions non è mai stato eliminato alla guida del Real Madrid, la sua prima vera squadra da tecnico. Una sorta di Pep Guardiola in salsa “merengues” e di lingua francese.

Il Bayern non sfonda. Finisce 2-2 al Bernabeu, i bavaresi non riescono a ribaltare il 2-1 subito a Monaco una settimana fa. Partita mostruosa per emozioni e occasioni, errori e tensioni, pathos costante, come lo scorso anno: allora dopo lo stesso risultato all’andata, nel ritorno il Real Madrid vinse 4-2 ai tempi supplementari. Stavolta non c’è stato bisogno degli overtime, ma la sofferenza è stata enorme e le proteste per due rigori reclamati dal Bayern resteranno nell’aria. Curiosità: in queste due sfide ci sono stati 7 gol e nessuno di Ronaldo e Lewandowski. Gli eroi “blancos” si chiamano Karim Benzema, l’uomo che il Bernabeu ama odiare e fischiare, e Keylor Navas, il portiere che alla Casa Blanca vogliono cambiare da due anni. Non a caso piace il romanista Alisson. Due reti per il francese, una serie di parate strepitose per il “tico” costaricano, l’ultima su Lewandowski assolutamente miracolosa. Errori arbitrali a parte, il Bayern deve piangere per i propri errori, su tutti il pasticcio tra Tolisso e Ulreich che in avvio di ripresa regala il vantaggio al Madrid. Heynckes saluta così la panchina del Bayern Monaco: nel 2013 lo fece col “triplete” e lasciò il posto a Guardiola; stavolta da successore di Ancelotti può aspirare al massimo a una double tra campionato (già vinto da tempo) e coppa di Germania.

Le proteste tedesche e il finale per cuori forti. I bavaresi hanno chiesto a gran voce due rigori: il primo di Ramos su Lewandowski, e se ne può discutere a lungo, e il secondo per una fallo di mano di Marcelo su cross di Kimmich nel recupero con tweet inferocito dell’infortunato Boateng. Ma come detto il Bayern farebbe bene a riflettere sul suicidio in avvio di ripresa sul parziale di 1-1: Tolisso serve Ulreich senza guardare, Benzema è appostato bene e viene ulteriormente favorito dal goffo errore della riserva di Neuer, che prima prova a prendere la palla con le mani poi confuso buca completamente l’uscita e lascia la porta vuota al francese per il 2-1. Il Bayern, sconfitto sempre nelle ultime 6 sfide col Real, si rialza di nuovo e pareggia con James Rodriguez, ex che non festeggia. Prosegue dunque l’ennesima assurda tendenza che caratterizza il calcio moderno: calciatori che dopo una rete alle ex squadre non gioiscono. Ma come si fa a non gioire per un gol del genere al Bernabeu? Il gol è gioia. Mah, valli a capire i giocatori di oggi. Aggiungiamo che erano due anni che il colombiano non faceva gol in Champions: un motivo in più per esultare. Nel finale di gara saltano tutti gli schemi: solo arrembaggio e difesa, contropiede e pressing, cuore e polmoni. Il Bayern a testa bassa, il Real Madrid rinchiuso fino al 96′ nella propria area, aggrappato alle parate di Keylor Navas. Resiste, e ora aspetta in finale una tra Roma e Liverpool, con i Reds già con un piede a Kiev nonostante il giusto ottimismo giallorosso. La “leggenda blanca” in qualche modo continua, il Bernabeu canta in estasi: “Siamo i re dell’Europa”. Come dargli torto?

Roberto Mancini c.t. azzurro, ci siamo. Come anticipato mesi fa da Altroquotidiano presto il tecnico di Jesi diventerà ufficialmente commissario tecnico dell’Italia. La conferma è arrivata dal commissario della Federcalcio Roberto Fabbricini: “Ieri c’è stato un incontro tra il vice commissario Costacurta, il team manager azzurro Oriali e Roberto Mancini che ha dato la disponibilità a risolvere il rapporto con lo Zenit San Pietroburgo e a fare il c.t. della Nazionale. Siamo rimasti d’accordo che cominceremo a parlare di cifre e dei dettagli il 13 maggio, a conclusione del campionato russo. Ci tengo a dire che non c’è nulla di deciso. Con Mancini chiariremo che la Federcalcio ha un budget per quel ruolo e non intende derogare, e con lui occorrerà parlare anche della filiera dei tecnici azzurri (quelli attuali sono in scadenza tra giugno e luglio) che noi vorremmo fossero concordati con il futuro c.t. Ribadisco, lui si è detto disponibile, dal 13 entreremo nello specifico”. Fabbricini minimizza, ma il nuovo ct azzurro, salvo clamorosi colpi di scena, è il “Mancio”. Buon lavoro, ne avrà bisogno per provare a risollevare la derelitta Nazionale italiana.

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