di Raffaele Ciccarelli*
È una storia che, a differenza delle belle favole, non ha avuto spesso il lieto fine, il ranocchio non si è trasformato in principe, la Bestia non è riuscita a farsi amare dalla Bella, preda irraggiungibile, con l’avventura che ha avuto anche contorni orrorifici, trasformandosi in tragedia. È un incipit che, nel suo paragone con le tante fiabe che ci raccontavano da bambini, può dare un quadro del paradosso che è diventato il rapporto della Juventus con la Coppa dei Campioni, poi diventata Champions League. Sette sono stati i tentativi della Vecchia Signora del calcio italiano, di concupire il trofeo più ambito del calcio europeo ed internazionale, almeno a livello di club, una sola è stata la vera volta in cui ha potuto gioire, per tutte le altre volte la storia si è bagnata di lacrime e tinta, anche, di sangue.
La prima finale juventina. Se la storia di questa competizione inizia nel 1955, con il famoso quinquennio di vittorie madridiste, è solo nel 1973, dopo aver dovuto assistere anche ai trionfi delle milanesi Inter e Milan (due a testa), che i bianconeri hanno l’opportunità di giungere all’atto finale. La notte di Belgrado è amara, però, l’avversario è quell’Ajax di Amsterdam guidato in campo da Johan Crujiff, ma soprattutto depositario del nuovo verbo calcistico, il Calcio Totale che si pone come vera rivoluzione culturale, per cui la vittoria dei Lancieri grazie ad un gol di Rep, appare quasi scontata nei confronti di una Juventus debuttante al gran ballo della finale.
Il secondo tentativo di salire sul tetto d’Europa e la Coppa maledetta. Il cruccio si ingigantisce, ma bisogna attendere altri dieci anni prima di vedere i torinesi nuovamente in finale. Stavolta ci arrivano da trionfatori designati, forti di una squadra infarcita di campioni del Mondo, arricchita dalla presenza di un fuoriclasse, Michel Platini e… mezzo, Zbigniew Boniek, ma soprattutto protagonisti di una cavalcata trionfale. Fino all’ultima tappa di Atene, dove le speranze vengono azzerate da un tiro di Felix Magath, che porta buio e, stavolta sì, lacrime di disperazione per l’occasione perduta. Ormai la Coppa dalle Grandi Orecchie inizia a diventare una vera ossessione per il club di Torino ed i suoi seguaci, bastano solo due anni per rivedere la Juventus in finale, contro il Liverpool il trofeo verrà sollevato, ma sarà una coppa grondante del sangue dei trentanove morti vittime della follia degli Hooligans inglesi, che trasformò il sogno in un incubo chiamato “notte dell’Heysel”.
Finalmente un trionfo totale. Occorreranno undici anni per far pace, almeno parzialmente, con la storia, anche se la follia non potrà mai essere cancellata. Stavolta lo scenario è quello più “amico” di Roma, gli avversari ancora gli olandesi dell’Ajax, finalmente arriva una vittoria, ora senza “se” e senza “ma”, ai tiri di rigore, dopo che Jari Litmanen aveva annullato l’iniziale vantaggio di Fabrizio Ravanelli, si può dire che la prima coppa vera entrerà in bacheca quella sera. Sembrava l’inizio di un ciclo trionfale per quella Juventus guidata da Marcello Lippi, fu solo un crescendo di illusioni e delusioni, sempre ad un passo dal trionfo, ma mai compiuto fino in fondo.
Le altre finali perse dalla Juventus. Nei due anni successivi alla vittoria romana i bianconeri giungono ancora in finale, ma vedono i loro sogni infrangersi prima contro l’inopinato Borussia Dortmund (tre a uno), poi contro un Real Madrid in tono minore (uno a zero), chiudendo ancora tra lacrime di tristezza un piccolo ciclo che pure era iniziato in maniera trionfale. Un ultimo tentativo resterà alla Juventus, nel 2003, quando nella finale di Manchester si ritroverà di fronte il Milan, la più europea delle nostre squadre e quella baciata dalla fortuna in quell’ultimo atto: la gara si trascinerà sul filo dell’equilibrio e sul nulla di fatto fino ai tiri di rigore, quando sarà quello decisivo di Andryj Shevchenko a regalare al Diavolo rossonero il suo ennesimo trionfo internazionale. Dodici anni dopo, toccherà ora a questa Juventus, quella tiranna sul suolo patrio con quattro scudetti consecutivi vinti, quella di Max Allegri, Carlitos Tevez, di Gigi Buffon unico reduce di quella sconfitta contro i rossoneri (c’era anche Andrea Pirlo, ma con la maglia del Milan). Gli avversari saranno i temibili blaugrana del Barcellona, del trio di marziani Lionel Messi, Luis Suarez, Neymar, sognare non costa nulla, magari ai bianconeri potrà venire utile anche un aiuto “mistico”: nel trentennale dell’Heysel, ci saranno trentanove, indimenticati, tifosi in più a spingerli verso il “Sogno dalle Grandi Orecchie”.
*Storico dello sport
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