Che cosa serve? Che cosa chiediamo? Che cosa ci impegniamo a fare? Un cambio di passo coraggioso e radicale, che segni per davvero l’inizio di una nuova fase. Lo chiediamo a Zingaretti e alla sua neo-eletta segreteria, perché aprano una stagione nuova. Le ipotesi sono due, non sono mille.
O il Pd cambia natura, identità, programmi e lo fa risolvendo finalmente e definitivamente le proprie contraddizioni (la vicenda Lotti insegna molto) e per questa via consentendo a nuove forze progressiste di partecipare a pieno titolo a una fase costituente.
Oppure il Pd rimane ciò che è. E allora alla sua sinistra dovrà nascere un nuovo spazio, un nuovo soggetto politico. Alleato, interno a una coalizione progressista alternativa alle destre (perché le destre sono e rimangono il primo pericolo e il primo problema e non consentono più alcuna forma di velleitarismo), ma autonomo.
Però attenzione: in un caso o nell’altro servono nuove idee e nuovi protagonisti. Lo diciamo con molta franchezza: la credibilità non è una merce che si compra al mercato. Un’intera classe politica – quella che ha ricoperto ruoli apicali nelle nostre organizzazioni in questi ultimi vent’anni – non appare (non a noi, ma all’elettorato italiano, alla nostra stessa gente) all’altezza di questo compito storico.
Ci sono eccezioni, certamente. Ma dal punto non si sfugge. Occorre una dose massiccia di coraggio. Occorre che il meglio dei talenti, delle competenze e delle passioni civili e politiche del nostro Paese si rimettano in moto.
C’è tanto da studiare e tanto da fare per rimettersi al passo con la storia. Si tratta di collocare al centro i grandi temi del nostro tempo: il mondo del lavoro con i suoi processi di automazione e frammentazione, i cambiamenti climatici, le migrazioni che sono innanzitutto la conseguenza di fenomeni demografici ed economici epocali che vanno studiati e governati. Dobbiamo ripensare radicalmente la società che vogliamo per i prossimi decenni, capendo come lo sviluppo tecnologico possa semplificare la vita degli uomini e aumentare la qualità della democrazia prima che, al contrario, diventi strumento di controllo e ricchezza nelle mani di pochi.
*Responsabile nazionale Cultura di “Articolo Uno”
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