di LUCA DELLA MONICA – Ogni anno, entro il 31 gennaio, la Rai incassava, nonostante la discreta percentuale di evasori, diverso milioni dal canone che veniva pagato dagli abbonati. Quest’anno non ha ancora incassato un euro e – grazie alla brillante riforma Renzi che ha trasferito (con il suo solito metodo pasticciato in nome della “velocità”) alle società elettriche il compito di fare da esattori – non si sa quando, quanto e se incasserà, dopo la bocciatura del Consiglio di Stato.
Che cosa ha detto il Consiglio di Stato? Ha detto, ed era prevedibile, che il decreto attuativo del governo, sbandierato da mesi con martellante insistenza su tutti i canali Rai, sia video che audio, è un papocchio. Il testo, infatti, è stato rispedito al ministero dello Sviluppo Economico perché venga radicalmente modificatoi. Secondo l’organo giudicante, al testo, tra l’altro, manca “un qualsiasi richiamo a una definizione di cosa debba intendersi per apparecchio televisivo“, visto che sul mercato esistono ormai molti device in grado di ricevere i programmi televisivi, ed è necessario specificare che si tratta di apparecchi che possono “ricevere il segnale digitale terrestre o satellitare direttamente o tramite decoder”. Inoltre, le norme non risultano formulate “in maniera adeguatamente chiara”. E ancora: mancano i riferimenti allo scambio di dati tra i diversi soggetti coinvolti (Agenzia delle Entrate, Comuni, fornitori di energia, e Rai) necessari per un corretto addebito sulla bolletta e, infine, non viene indicato se tutte queste procedure avvengano nel rispetto della normativa sulla privacy.
Il mese di luglio, indicato dal governo come scadenza per la prima rata del canone, si avvicina e non vi è nulla di preciso sul modo in cui evitare che i cittadini si trovino a pagare anche due o tre volte il canone, mentre magari altri (forse pochi) non saranno negli elenchi di coloro che devono pagarlo.
Questa mini-riforma porta lo stesso marchio di approssimazione, superficialità, confusione, di quasi tutte le altre riforme varate da questo governo, in primo luogo quella istituzionale, sulla quale i cittadini dovranno pronunciarsi, forse in ottobre, per bocciarla con un referendum che non dovrà essere assolutamente disertato per dire NO al dittatorello di Palazzo Chigi.
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