Come è esplosa la contraddizione tra la proposta leghista di “autonomia differenziata” delle Regioni e il presidenzialismo cavalcato dalla Meloni

di SERGIO SIMEONE* Il recente pronunciamento del servizio di bilancio del Senato contro il DDL Calderoli sull’autonomia differenziata ha inferto un duro colpo al progetto leghista, soprattutto perché arriva  non da una forza politica (che potrebbe esser sospettata di partigianeria), ma da un organismo composto da tecnici.  I quali, numeri alla mano, dimostrano che se lo Stato cedesse alle regioni, insieme alle funzioni, anche le risorse economiche necessarie al loro svolgimento, non sarebbe in grado di garantire quei livelli di prestazioni essenziali (LEP), su cui tutti (compreso Calderoli) si dichiarano d’accordo.

Questo pronunciamento avviene mentre, quasi contemporaneamente, il coordinamento per la democrazia costituzionale, presieduto dal costituzionalista Massimo Villone, ha conseguito un importante risultato: è riuscito a raccogliere le firme necessarie (50.000) per presentare una  proposta di legge di iniziativa popolare che modifichi gli articoli 116 e 117 della Costituzione e blocchi il disegno di legge Calderoli sull’autonomia differenziata. La mossa vincente del coordinamento è stata quella di procurarsi il sostegno dei sindacati della scuola, i quali organizzano una categoria composta da circa un milione di addetti e che opera in un settore (l’istruzione), che sarebbe particolarmente penalizzato dalla proposta dell’esponente leghista in termini di aumento delle diseguaglianze territoriali e di frantumazione dell’unità del Paese.

Naturalmente si tratta di una iniziativa, che, se ci si limitasse ad affidarsi al suo iter legislativo, molto difficilmente avrebbe un esito positivo, a causa delle innumerevoli possibilità di ritardarne il percorso e perché manca, allo stato, in Parlamento una maggioranza che la possa approvare.  La sua importanza risiede, però, nel fatto  che offre una alternativa chiara e definita alla linea governativa sul tema, costringendo tutte le forze politiche ad esprimere altrettanto chiaramente la propria posizione uscendo   dalle ambiguità in cui si rifugiano per non pagare pegno.

Questo vale certamente per le forze di destra: FdI, per cominciare, dovrà spiegare come fa a conciliare il suo presidenzialismo, che ha come corollario il rafforzamento del potere centrale, e dell’unità nazionale, con la frantumazione del Paese in tanti staterelli, con la conseguenza di accrescere la diseguaglianza tra cittadini in campi come l’istruzione e la sanità, già oggi molto forte. Per non parlare poi della perdita di controllo da parte dello Stato centrale su settori di importanza strategica nazionale come le infrastrutture e la tutela dell’ambiente. Salvini, a sua volta, dovrà finire di nascondere dietro il progetto del fantomatico Ponte sullo Stretto, la sua indifferenza per un destino di sempre  più grave emarginazione che toccherebbe al Mezzogiorno se fosse approvato il DDL Calderoli.

Ma una scelta chiara dovrà farla anche Elly Schlein, che ha un’occasione  importante per superare le ambiguità di Bonaccini, che sul tema si è mostrato nel passato in parziale sintonia con i governatori leghisti di Veneto e Lombardia e per contendere alla Meloni un territorio (il Mezzogiorno) dove FdI è fortemente radicato. Al tempo stesso questo è uno di quei temi su cui si può facilmente saldare l’alleanza  tra il PD ed il Movimento 5 stelle che proprio nel sud d’Italia ha la maggiore forza elettorale, costruendo un importante tassello di quella alleanza larga senza la quale battere la destra rimarrà una chimera.

Non si tratta, però, per le forze di opposizione, di prendere soltanto posizione sulla autonomia differenziata e sulla proposta di legge popolare, che la contrasta. Si tratta di fare di quella proposta il punto di riferimento per avviare una campagna di informazione e di mobilitazione dei territori e delle forze sociali più direttamente interessate (lavoratori della scuola, operatori della sanità, studenti) per renderli protagonisti di una lotta che blocchi definitivamente i progetti leghisti (fatti ora propri da tutto il governo) di allargare il divario tra nord e sud d’Italia.

*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stato anche dirigente del sindacato Scuola della Cgil

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