di FRANCESCA CAPRI/ Tra le figure professionali più ricercate e affermate degli ultimi anni, quella che si chiama “event manager”, ricopre sicuramente un ruolo fondamentale nel settore degli eventi anche se, probabilmente, non tutti ne conoscono ancora le numerose e varie sfaccettature. Cominciamo col dire che un “evento”, al contrario di quello che pensano in molti, non è soltanto un momento di svago, ma, fa parte di una vera e propria strategia di marketing aziendale volta ad aumentare la consapevolezza del brand e persino ad acquisire potenziali clienti.
Un evento ben pensato, ben organizzato e ben strutturato, infatti, porterà alla realizzazione di una grande varietà di benefici: a partire dalla creazione di valori fino alla generazione di profitti e nuovi flussi. Uno strumento complesso e articolato che però richiede un’organizzata pianificazione, gestione e coordinamento di competenze diverse, oltre a tanta creatività. Ecco perché è fondamentale per un’azienda non improvvisare ma affidarsi a professionisti del settore: un event manager è infatti la scelta vincente per tutte quelle società e realtà che desiderano ottenere il massimo da un evento, senza che alcun dettaglio sia trascurato.
Ma in cosa cosa consiste esattamente l’event planning e soprattutto cosa fa in pratica un bravo event manager? Per saperne di più ed approfondire l’argomento, abbiamo raggiunto e intervistato la pugliese Nadia Carbone, fondatrice e direttrice artistica del “Generation Film Fest”, che ha all’attivo oltre 10 anni di esperienza nel settore eventi, per farci raccontare i retroscena di una figura professionale che spesso opera dietro le quinte.
Benvenuta, Nadia. Da quanti anni lavori nel settore degli eventi e quando hai capito che avresti potuto fare della tua passione un lavoro?
“La mia è un’esperienza che dura da oltre 10 anni. Nel 2012, durante il “Premio Noto” all’eccellenza di Adriano Pintaldi, io ero l’inviata per un’emittente televisiva locale e fu lo stesso Pintaldi a chiedere al direttore del canale televisivo di farmi presentare le serate sul palco. In seguito mi riconfermò nelle successive edizioni 2013/2014, permettendomi di affiancarlo anche nell’organizzazione e dandomi la possibilità di dialogare e premiare grandi icone del cinema italiano come Giancarlo Giannini, Lina Wertmuller, Pupi Avati ed Enrico Vanzina. Ho capito, fin da subito, che quell’esperienza sarebbe stata solo l’inizio di un cambiamento nel mio percorso artistico!”.
Ritieni che ci si possa ancora improvvisare “organizzatore di eventi”?
“In generale, credo che nessuno possa svegliarsi al mattino e decidere di svolgere un lavoro senza avere la giusta preparazione o esperienza. Premesso ciò, mi dispiace dire che invece, purtroppo, nel mio settore, è all’ordine del giorno improvvisare! Sono tutti organizzatori, registi, attori, scrittori”.
Sei giovane, tuttavia hai già numerosi eventi e di successo nel tuo bagaglio professionale…
“Esatto! Il primo grande evento nel quale decisi di mettermi in gioco autonomamente fu il ‘Gran Galà della Cultura’, nel 2014, senza dubbio un duro banco di prova. In quel periodo studiavo anche ideazione, organizzazione di eventi e show televisivi con il direttore Rai Carlo Orichuia, grazie al quale, e in aggiunta agli insegnamenti di Pintaldi, compresi tutto ciò che un libro o degli appunti possono solo fare immaginare. Si trattava di un lavoro commissionato dall’Archeoclub-Oria. Una grande soddisfazione per me portare a termine due edizioni con ospiti del calibro di Lino Capolicchio, Sandra Milo, Monica Setta, Maurizio Casagrande, Sebastiano Somma e molti altri. Negli anni successivi ho poi spaziato con svariati generi di manifestazioni: musicali, sociali ed editoriali, spesso subentrando come produttrice oltre che a curarne la direzione artistica”.
In quale tipologia di eventi ritieni di essere più specializzata o di annoverare più esperienza?
“Sicuramente in quelli culturali, inerenti all’arte, alla letteratura e al cinema in particolar modo, in quanto mi permettono di dare spazio e voce anche al mio lato artistico. Il mio ruolo, naturalmente, muta in base al genere di manifestazione e alla tipologia di cliente; è chiaro che occorre un’organizzazione e un iter burocratico differente per ciascun singolo settore. Ad ogni modo, che si tratti di un evento sociale, politico o relativo allo spettacolo, il focus è portare a casa l’obiettivo che ci si prefigge”.
Quali sono le maggiori difficoltà incontrate nel tuo percorso come direttrice artistica?
“L’essere giovane e, al contempo, donna. Sai, a volte mi sono ritrovata a far fronte a situazioni imbarazzanti. Quando mi ritrovo davanti a clienti o fornitori, o anche collaboratori, non è raro sentirmi dire: “Ah, ma sei giovanissima!”. Oppure: “Una donna, complimenti!”. O ancora “Per chi lavori?”. E quando rispondo, “in realtà sono io che ti pago”, spesso leggo nei volti altrui diffidenza o anche solo stupore. Purtroppo, soprattutto al sud, esiste ancora quel sottile maschilismo, figlio dell’ignoranza e del patriarcato. Tuttavia, non mi sono mai lasciata intimorire o scoraggiare e, oggi, posso dire a testa alta di essere l’artefice di tutto ciò che ho creato. E non è poco!”.
Ci spieghi perché è così importante che un’azienda scelga di puntare sugli eventi per promuovere il proprio brand?
“Gli eventi, da sempre, sono una cassa di risonanza per le aziende, ecco perché è fondamentale curarne tutti i dettagli: dalla promozione al valore sociale. Sponsorizzare un evento, inoltre, è un’opportunità per i brand di ampliare la visibilità e rafforzare la propria immagine utilizzando il contatto diretto con il pubblico. È una strategia che, se ben studiata, può portare benefici duraturi come quello di instaurare partnership di lungo termine e aumentare il fatturato”.
Quali doti indispensabili deve avere un bravo organizzatore di eventi?
“Sicuramente la pazienza, la tenacia e la capacità di problem-solving. Inoltre è importante creare un ambiente di lavoro sereno e propositivo, chi svolge la mia professione ha il dovere di motivare e rispettare qualsiasi ruolo all’interno dello staff: si potrà pur essere il motore di una grossa cilindrata, ma senza gli altri pezzi non si corre da nessuna parte! Personalmente, nel team, sono una che preferisce agire, dando il buon esempio, piuttosto che impartire ordini”.
Tra tutti gli eventi da te organizzati, qual è quello che ti rende più fiera?
“Senza ombra di dubbio il “Generation Film Fest”, il mio brand, e sottolineo “mio”. Ho ideato questo format cercando di riportare tutto il mio bagaglio formativo ed esperienziale. Racconto il cinema italiano, la sua storia fino ai nostri giorni, attraverso ospiti, incontri, proiezioni e mettendo a confronto le varie generazioni. Da qui, ho dato inoltre vita ad una serie di eventi collaterali, come masterclass, workshop e la realizzazione di un cortometraggio che vedremo nel 2025. Senza nulla togliere a tutti gli altri eventi, il GFF è senza dubbio il progetto più importante e difficile da organizzare e portare avanti nel tempo, in termini di risorse ed energie”.
Ci sveli qualche tuo progetto in corso d’opera?
“Proprio in questi giorni sono in piena fase organizzativa di un evento che si terrà in primavera a Lugano e che vedrà protagonista il Luxury Magazine Popular (edito da Resalio Produzioni). Sarà un evento che farà parlare molto, non solo per i numerosi successi ottenuti durante il primo anno di vita del magazine, ma anche per gli ospiti che ne faranno parte, tra imprenditori, case nobiliari e artisti. È la prima volta che organizzo un evento fuori dall’Italia, spero possa essere il primo di una lunga serie”.
Esiste “il progetto” nel tuo cassetto dei sogni da realizzare?
“Io non sogno un solo progetto/evento in particolare, ma tanti, tantissimi, forse anche troppi…(ride, ndr)”.
Nadia, in chiusura di intervista dove e come ti vedi tra dieci anni?
“Mi piacerebbe tramutare in realtà tutto ciò che scrivo. Creare arte è certamente ciò che mi rende felice, non desidero altro. Ovviamente mi piacciono le evoluzioni e anche gli ardui obiettivi da raggiungere, per cui, sono certa che fra dieci anni, se mi intervisterai nuovamente, avrò ancora molto altro di cui raccontare”.
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