COME USCIRE DAI DISASTRI DI RENZI/ E se la sinistra organizzasse le “primarie di programma”?…

di STEFANO CLERICI – Matteo Renzi ha compiuto il suo capolavoro. E’ riuscito a demolire la sinistra italiana, ha portato il “suo” Pd ai minimi storici, inanellando una impressionante serie di sconfitte elettorali, ha rinvigorito l’esercito grillino e ha ridato forza e compattezza alle truppe del centrodestra in rotta. Davvero un’impresa titanica. Ora, buonsenso vorrebbe che dopo tante procurate catastrofi, il signore di Rignano abbandonasse la scena, a occhi bassi e con tanto di scuse ai milioni di elettori che per sua colpa hanno visto infrangersi un sogno e una speranza. E invece no. Al grido di “muoia Sansone con tutti filistei“, Renzi all’indomani del terremoto siciliano afferma spavaldamente: “Sono mesi che cercano di mettermi da parte, ma non ci riusciranno nemmeno stavolta. Qui non si molla di un centimetro“.

E allora che fare per liberarsi di questa “perniciosa” presenza? Liberazione che – come ha scritto il nostro direttore Ennio Simeone – è ormai l’unica condizione per tentare di salvare quel che resta del centrosinistra e della sua storia? E’ una domanda che per fortuna si stanno ponendo anche alcuni degli alleati di Matteo Renzi (vedi, ad esempio, Dario Franceschini) che cominciano seriamente a temere di restare sepolti sotto le macerie.

Premesso che con la nuova legge elettorale appena varata l’indicazione del premier è puro atto formale, è però essenziale sapere chi guiderà l’eventuale coalizione. E, stabilito che, nei fatti, non può certo essere Matteo Renzi l’uomo in grado di rimettere insieme i cocci che egli stesso ha provocato, già si affacciano svariate possibilità. Dallo stesso attuale presidente del consiglio Paolo Gentiloni (“un nome spendibile”, ha affermato Ettore Rosato, capogruppo dem alla Camera e padre della legge elettorale) al ministro dell’Interno Marco Minniti. Il leader di Mdp Pier Luigi Bersani, ha lanciato invece la candidatura del presidente del Senato Pietro Grasso, da poco traslocato dal Pd al Gruppo Misto con una dura nota contro azioni e metodi dell’attuale dirigenza del suo (ex) partito. Mentre il ministro Dario Franceschini, sottolineando l’urgenza di fare un’alleanza di centrosinistra, sul modello di quella fatta da Silvio Berlusconi in Sicilia, ha proposto le primarie di coalizione: ogni forza, con il proprio simbolo, presenti il suo candidato.

Ma, ammesso e non concesso che Renzi, messo alle strette dai suoi alleati, accetti che a guidare le redini della coalizione sia un altro e non lui, questo basterebbe a rimettere in moto un meccanismo tanto devastato e, soprattutto, servirebbe a ricondurre a casa quei milioni di elettori che ora sono “dispersi nel bosco”? Ne dubitiamo fortemente. Anche se fuori da Palazzo Chigi, il signore di Rignano sarebbe capace di far fuoco e fiamme dal Nazareno e – come abbiamo già visto non solo nel caso Bankitalia – lui e i suoi hanno magazzini pieni di bastoni da mettere nelle ruote altrui.

E allora come se ne esce? Azzardiamo un’ipotesi: non più primarie per scegliere un leader, ma primarie per scegliere un programma. Non uomini, ma politiche a confronto. Quattro, cinque, dieci punti su come affrontare e risolvere i problemi di lavoro, scuola, sanità, pensioni, immigrazione, Europa. Con altrettanti disegni di legge da approvare, in ordine di priorità e con scadenze precise. E gli elettori scelgano il migliore. Fantapolitica? Può darsi. Ma siamo davvero all’ultima spiaggia.

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