Anche la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, ha sottolineato nel suo intervento l’importanza di approvare le nuove misure: “Spero davvero che ci sia un accordo oggi, non possiamo permetterci che non ci sia. Il nostro obiettivo deve rimanere quello di districarci dall’energia russa”. Ha poi aggiunto: “Dobbiamo rimanere saldi e iniziare a pianificare il nostro impegno a lungo termine nella regione al di là dell’immediato aiuto di emergenza all’Ucraina. L’Europa deve guidare e deve rimanere in testa”.
Anche il presidente del Consiglio dei ministri italiano Mario Draghi ha dato l’ok al pacchetto di sanzioni. “Non possiamo immaginare che dopo il conflitto la nostra politica energetica tornerà come prima – ha detto – Quello che è successo è troppo brutale. Dobbiamo muoverci ora per cambiare i nostri fornitori di energia nel lungo periodo. “È essenziale – ha detto Draghi, ma non si è capito che cosa intendesse dire – che Putin non vinca questa guerra, allo stesso tempo dobbiamo chiederci se può essere utile parlargli. Sono scettico dell’utilità di queste telefonate, ma ci sono ragioni per farle. Queste conversazioni dimostrano che è Putin a non volere la pace”. Ed è rimasto fermo sull’ormai immutabile slogan: “Deve essere l’Ucraina a decidere che pace vuole. Se l’Ucraina non è d’accordo sui termini, la pace non può essere sostenibile”
Poi Draghi ha aggiunto: “Il confronto con Putin è necessario per risolvere il problema del grano, della sicurezza alimentare. Il rischio di una catastrofe alimentare è reale: e se non ci sarà una soluzione, dovrà essere chiaro che la colpa è di Putin“. Bella soddisfazione: dopo di che , quale mossa propone?
Prima dell’inizio dei lavori, a quanto si è appreso, c’è stato un incontro trilaterale tra il presidente del Consiglio dei ministri italiano Mario Draghi, il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz. “Non c’è accordo al momento“, ha detto il premier ungherese Viktor Orban arrivando a Palazzo Europa. “Siamo pronti a sostenere il sesto pacchetto di sanzioni se ci saranno soluzioni per l’Ungheria“, ha aggiunto.
Una riunione d’emergenza degli ambasciatori dei 27 presso l’Ue (Coreper) si era tenuta in mattinata: da fonti diplomatiche si era appreso che, dopo un nulla di fatto ieri sera, si fosse raggiunto un accordo di massima sulla proposta di un embargo progressivo sul petrolio russo in arrivo per via marittima, con piena applicazione entro la fine dell’anno, e una temporanea deroga per il greggio che arriva nell’Ue via oleodotto. Un compromesso che pareva potere superare le posizioni, oltre che della stessa Ungheria, di Slovacchia, Repubblica Ceca e Bulgaria, che temono gravi ripercussioni sulla propria economia dallo stop al petrolio di Mosca.
L’esclusione del petrolio via oleodotto “è una buona soluzione – ha però detto Orban – ma dobbiamo avere garanzie di poter avere il petrolio russo in altro modo se ci dovesse essere un incidente al condotto. Per noi è molto semplice: l’energia è una questione seria, prima bisogna avere soluzione e poi le sanzioni”.
“Se oggi non ci sarà un accordo su questo la responsabilità deve ricadere sulle spalle della Commissione”, ha aggiunto il premier ungherese. Proprio la presidente della Commissione Ursula von der Leyen si è mostrata prudente sulle possibilità di una fumata bianca: “Sul sesto pacchetto di sanzioni abbiamo lavorato duramente, si sono fatti passi avanti ma non siamo ancora alla meta: ho aspettative basse su un accordo nelle prossime 48 ore. È importante mantenere la solidarietà e l’unità dell’Ue”. A dirsi fiduciosi su un esito positivo sono invece il presidente del consiglio stesso, Charles Michel, e l’Alto rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrel, secondo il quale “le sanzioni hanno creato già molti danni nell’economia russa, le industrie russe devono fermarsi, e da qui all’estate la situazione economica in Russia sarà molto negativa”. Borrel ha anche rimarcato la necessità di continuare a fornire armi a Kiev.
“La Bulgaria insisterà per poter continuare a importare petrolio russo fino al 2024“, ha detto il premier di Sofia Kiril Petkov a margine della riunione. La Bulgaria dipende per oltre il 90% dal petrolio russo e l’unica raffineria nel paese, la Lukoil, è tarata soltanto per il greggio russo.
Gli altri temi sul tavolo
Sarebbe stata raggiunta un’intesa invece sulla rimozione dallo Swift, il sistema condiviso per le gestione delle transazioni bancarie e commerciali internazionali, della più grande istituzione finanziaria della Russia, Sberbank, e un divieto di trasmissione a tre emittenti controllate da Mosca
Un altro punto su cui decidere è la possibilità di confiscare i beni “congelati” alla Russia nell’ambito dei precedenti pacchetti di sanzioni.
C’è poi la proposta di un tetto al prezzo del gas, caldeggiata dal governo italiano. “Non credo che sia in discussione oggi”, ha detto il Commissario all’Economia Paolo Gentiloni, “quello che è in discussione credo che sia la possibilità di affidare alla Commissione europea il compito di esplorare la possibilità di andare in questa direzione”.
Infine, all’ordine del giorno figurano anche i prezzi dell’energia, la cooperazione in materia di difesa e sicurezza e il tema della sicurezza alimentare, con l’urgenza di permettere l’uscita dal Mar Nero del grano ucraino: “La Russia usa il grano come un’arma, dobbiamo capire come far uscire 20 milioni di tonnellate di grano dall’Ucraina, non è facile, ma è una questione di enorme portata: non possiamo affamare il mondo, che è quello che Putin sta facendo“, ha detto Borrel.
Ieri, intanto, il ministro degli Esteri della Federazione Russa Sergei Lavrov ha sostenuto che le sanzioni occidentali sarebbero state preparate da tempo e imposte “per contenere lo sviluppo della Russia, poiché gli Stati Uniti considerano Mosca un ostacolo nel loro piano di creare un mondo unipolare”.
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