di ROMANO LUSI – Il Covid, un male che credevamo confinato in lande lontanissime, serpeggia fra la popolazione: l’ansia, il dubbio, la grancassa social-televisiva diuturna e stressante portano a provvedimenti biopolitici dal sapore apocalittico e, nel breve volgere di due settimane, a fine febbraio, ci ritroviamo in pieno isolazionismo di massa, denunciati per una passeggiata col cane, impediti nella mobilità, sospettosi del vicino, trasfigurati da mascherine distopiche, con le Borse che crollano, la produzione congelata, lo spettro della “peste” e della miseria che ribussa alle nostre porte dai tempi della Milano di Renzo e Lucia.
E’ questo lo scenario che fa da sfondo al nuovo saggio di Carmine Castoro, giornalista e filosofo della comunicazione, professore incaricato a Comunicazione e Criminologia in varie università italiane, dal titolo: Covideocracy. Virus, potere, media. Filosofia di una psicosi sociale (Male Edizioni di Monica Macchioni). Un saggio molto articolato che unisce sofisticati strumenti di interpretazione filosofica e sociologica del fenomeno-Covid, una ben selezionata antologia di articoli apparsi su quotidiani e magazine in questi mesi di contagio e spunti presi da format e approfondimenti televisivi che intendevano illustrare le problematiche correlate al pubblico da casa, ma incappando quasi sempre in un risultato fuorviante, confusionario e martellante.
Un testo che parte da e sviluppa uno snodo teorico nevralgico: nessuna analisi complessa di tipo storico, sociale, critico e genealogico è stata fatta in tempo reale della cosiddetta pandemia da coronavirus, preferendo le semplificazioni ossessive, luttuose, statistiche e paranoiche dell’informazione mainstream che ha incatenato le nostre menti. Non sono state indagate le cause antropiche del virus visto come “flagello”, le responsabilità a livello di malasanità territoriale, la finanziarizzazione della medicina; nemmeno evidenziati i conflitti di interessi dei guru della Scienza, i raffronti con altre malattie in Italia e nel mondo, quest’anno e nei precedenti, lo smantellamento del Welfare, le logiche profittevoli di un infotainment che fa spettacolo pure su pazienti intubati e vecchietti agonizzanti.
“Siamo perciò – è la tesi, secondo noi piuttosto ardita, di Castoro – di fronte a una Videocrazia del Covid e, ancora a tutt’oggi, in mancanza di evidenze scientifiche consolidate, afflitti da un disastro socio-economico, mentre una sorta di casta tecno-sanitaria-politica ci sta portando alla paranoia presentando a reti unificate l’emergenza Covid talvolta quasi in competizione con ufologia e film di Spielberg. Dunque – conclude Castoro – fluttuiamo, angosciati, tra fobocrazia e protagonismo di conduttori, politici di ogni orientamento, medici di cui si ignoravano nomi e volti, senza far capire alla gente le radici della diffusione di un virus e quanto l’uomo e il suo modello sociale ed economico mondiale ne siano responsabili, offrendo parametri di sicurezza e lotta all’ansia, in nome di un welfare da rifondare”.
Castoro non è nuovo a queste battaglie culturali contro le derive illogiche e nocive dei massmedia, avendo pubblicato, fra i tanti, molti saggi affini, soprattutto per la Mimesis di Milano come Filosofia dell’osceno televisivo, Clinica della tv e Il sangue e lo schermo.
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