Davanti alla nave Diciotti c’è chi piange sul latte versato

di STEFANO CLERICI –  «Il ministro dell’Interno non è al di sopra della legge, non guida il governo, non comanda la guardia costiera, non decide la grazia ai bambini e la condanna agli adulti. Il caso Diciotti è una vergogna nazionale». Sono parole dell’ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Parole sacrosante, cui si aggiungono quelle di tutti gli altri esponenti del Pd, a cominciare dal segretario Maurizio Martina. Il quale, in visita al porto di Catania, dove la nave “Diciotti” è attraccata con il suo carico di «migranti prigionieri», ha accusato il ministro Matteo Salvini di «fare propaganda sulla pelle dei disperati».

Parole sacrosante, dicevamo. Ma, ascoltandole, ci siamo sentiti crescere dentro un sentimento di delusione e di rabbia. Ma se oggi il Viminale è nelle mani di colui che viene definito «un bullo che s’atteggia a padrone dell’Italia», di chi è la colpa? Non venite a dirci colpa degli italiani, perché il 4 marzo quel signore ha preso solo il 17 per cento dei voti, la metà dei Cinque Stelle e persino meno del vituperato Pd.

E allora non bisogna avere la memoria corta. Tutti quei politici che ancora pendono dalle labbra di Matteo Renzi, che ancora vivono nella speranza (o nel timore) di resurrezione del Messia fiorentino, non devono far finta di scordare che l’occasione per impedire ciò che oggi sta avvenendo, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella gliel’aveva data affidando al presidente della Camera Roberto Fico (forse l’unico oppositore alla smisurata invadenza salviniana, oltre ovviamente allo stesso Mattarella) l’incarico di accertare la possibilità di far nascere un governo tra Pd e Cinque Stelle.

Apriti cielo! Vi siete dimenticati lo show di Renzi in tv con Fabio Fazio? E sì che il povero (ora anche lui smemorato) Martina aveva timidamente aperto a quella possibilità. Ma l’avevano subito messo sulla graticola, stroncando sul nascere ogni possibile non dico accordo ma quantomeno inizio di dialogo con il partito che aveva ottenuto la maggioranza relativa dei voti alle elezioni e che – ricordiamocelo sempre – ha in pancia più di cinque milioni di voti ex pd.

E questo è il risultato di tanta miopia e arroganza. Certo, la convivenza con i Cinque Stelle (o alcuni di loro) non sarebbe stata tutta rose e fiori. Ma è fuor di dubbio che la loro base ha molti valori in comune con il popolo della sinistra e combatte alcune battaglie che una volta erano la bandiera di ogni progressista. Sì, forse alcuni dirigenti Cinque Stelle non hanno le giuste competenze, non hanno la necessaria esperienza, su certi temi peccano di giacobinismo. Ma è proprio per questo che un vero partito di sinistra (certo, un vero partito di sinistra) avrebbe accettato la sfida e concordato un serio contratto di governo, facendo autocritica, abbandonando indifendibili posizioni, scegliendo di stare con gli ultimi e non con i primi.

E invece, eccoli qui a piangere sul latte versato.

Commenta per primo

Lascia un commento