Esiste una fascia “fragile” di popolazione, che va dai 45 ai 65 anni, che necessita di un’assistenza sanitaria specifica: sono i pazienti psichiatrici affetti da malattia che tende alla cronicizzazione, sono i pazienti neurologici, vascolari e traumatizzati e i pazienti con disabilità legata a ritardi intellettivi di vario genere. Laddove il trattamento farmacologico e la riabilitazione (con il recupero da parte del paziente delle competenze sociali e delle abilità di base perse a causa della malattia) hanno raggiunto i livelli previsti, resta una grande scommessa la parte dedicata all’assistenza erogata dalle strutture sanitarie accreditate per la salute mentale, un aspetto che accomuna queste tre tipologie di pazienti: di quali strumenti assistenziali necessitano? Quali percorsi assistenziali di forma integrata mettere in campo per garantire loro un migliore percorso di assistenza? Le strutture sanitarie di competenza come possono rispondere ai fabbisogno di questi utenti?
Il modello di assistenza fornito dagli Istituti Polesani, che rappresenta un punto di riferimento per l’utenza complessa ed eterogenea della cronicità nella disabilità neuropsichica presenile, sono un esempio virtuoso di assistenza nell’ambito della gestione integrata della disabilità neuropsichica presenile, ed è presentato al convegno nazionale svoltosi oggi a Venezia, presso la Scuola Grande San Giovanni Evangelista, dal titolo “La gestione integrata della disabilità neuropsichica presenile. La sfida della cronicità precoce”.
Gli Istituti Polesani sono una struttura autorizzata e accreditata dalla Regione Veneto, dotata di 295 posti letto e di quattro unità di offerta secondo la programmazione regionale: il Centro di riferimento per la grande disabilità (CRDG), le Comunità residenziali (CR), le Residenze sanitarie assistenziali (RSA) e la Comunità alloggio (CA). «Gli ospiti presenti attualmente sono 230 divisi nelle quattro unità di offerta – spiega il professor Iles Braghetto, Presidente degli Istituti Polesani -. L’età media degli ospiti oscilla dai 45 ai 60 anni per l’80% dei casi, e ci sono anche ospiti molto giovani. Il processo di trasformazione iniziato dal 2015 ha voluto superare la logica della grande struttura, personalizzando l’intervento assistenziale e il percorso terapeutico seguendo le esigenze di ogni singolo paziente, e coinvolgendo le massime ed importanti professionalità mediche che ruotano attorno al paziente, dai medici ai riabilitatori ai neurologi. Tutto questo per mettere in campo una organizzazione delle risposte ai pazienti per unità di offerta e per avviare un percorso di assistenza personalizzato».
Da gennaio 2017 è stata avviata una sperimentazione volta a definire il rapporto tra standard e tariffa rispetto alle quattro unità di offerta. «Tale sperimentazione – prosegue il professor Braghetto – ha l’obiettivo di colmare le disuguaglianze esistenti e assegnare ad ogni unità di offerta lo standard e la tariffa equilibrati. Questo percorso richiede alla struttura di mettersi in rete con i principali attori del sistema, quali Università, aziende sanitarie, il mondo del volontariato e i famigliari dei pazienti. Solo in questo modo si supererà la autoreferenzialità per raggiungere efficienza e qualità».
«Il convegno – spiega il professor Tommaso Maniscalco, Direttore UOC Psichiatria Legnago – U.O. Salute mentale e sanità penitenziaria Regione Veneto – nasce dal crescente rilievo che ha assunto nella programmazione socio-sanitaria la presa in carico delle disabilità per la complessità e l’eterogeneità dei quadri e per la multidisciplinarietà che deve essere prevista per il loro trattamento ed assistenza, per trovare un modello di intervento multidisciplinare socio-sanitario integrato centrato sulla diagnosi funzionale».
Questo approccio si inserisce nell’ottica del Piano Nazionale Cronicità – Accordo tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano del 15 settembre 2016, che pone l’accento sulla unitarietà di approccio, centrato sulla persona ed orientato su una migliore organizzazione dei servizi e una piena responsabilizzazione di tutti gli attori dell’assistenza (…) con il fine di contribuire al miglioramento della tutela per le persone affette da malattie croniche, riducendone il peso sull’individuo, sulla sua famiglia e sul contesto sociale, migliorando la qualità di vita, rendendo più efficaci ed efficienti i servizi sanitari in termini di prevenzione e assistenza e assicurando maggiore uniformità ed equità di accesso ai cittadini. “Il mondo della cronicità è un’area in progressiva crescita che comporta un notevole impegno di risorse, richiedendo continuità di assistenza per periodi di lunga durata e una forte integrazione dei servizi sanitari con quelli sociali e necessitando di servizi residenziali e territoriali finora non sufficientemente disegnati e sviluppati nel nostro Paese”.
Nella seconda ed ultima parte del convegno viene fornita da parte di Giovanni Fosti, Professore Università Bocconi Milano, una analisi delle ricadute socio-economiche del fenomeno e discusso un modello di intervento multidisciplinare socio-sanitario integrato centrato sulla diagnosi funzionale che possa ottimizzare tali ricadute.
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