Questi aspiranti alla segreteria del Pd che si presenteranno alle primarie anno ingaggiato una bella competizione tra loro. E’ una gara a chi imita di più Renzi nel dire no all’ipotesi di un rapporto con i Cinquestelle. Oggi è la volta di Maurizio Martina, che è stato l’ospite domenicale di turno, dopo Minniti, di Lucia Annunziata su Rai tre.
Minniti si sa che fine ha fatto dopo quella intervista: si è ritirato. Ora vediamo che cosa accadrà a Martina, anche se lui già si è dimesso una volta: da segretario reggente del Pd, perché non riusciva a reggere un bel nulla. Insomma, verba volant.
Ma vediamo che cosa ha detto ai microfoni di Rai3: «Se cascasse questo governo e io fossi il segretario del Pd accordi con M5S non ne farei. E comunque farei solo il segretario, non il candidato premier. Gentiloni? Personalità di primissimo piano, può ancora dare un grande contribuito».
«Ho provato a inizio legislatura – ha detto ancora – a trovare le condizioni per un confronto con i Cinquestelle. Oggi immaginare un confronto con i vertici del movimento è impossibile, fanno sostenuto ‘le peggio cose’, i provvedimenti più iniqui. Fico? Colgo delle particolarità in alcune posizioni del presidente, ma non ne vedo le conseguenze».
“Ieri – le obietta l’Annunziata -. si è letta una intervista del braccio destro di Zingaretti, Massimiliano Smeriglio che apriva in qualche modo ai pentastellati”.
Risposta di Martina: «Chi vota per me vota per una prospettiva, fondata né sulla nostalgia né sulla cesura. Voglio prendere il buono di quel che abbiamo fatto e dire dove abbiamo sbagliato: mentre il Paese risaliva la china, le disuguaglianze aumentavano, la sola crescita dell’ 1% non basta più. Ciò andava visto prima. Ad esempio la questione dei lavori sottopagati andava presa con più coraggio».
Poi la danza del chiaro-scuri nel discorso dell’ex reggente: «Tra il 2013 e il 2014 si é aperta l’esperienza dei nostri governi riformatori, che rimane un tesoro inestimabile. Non é vero che non é andata bene, ci sono scelte fondamentali che rivendico, come per le riforme istituzionali: guardo alla fatica che si fa per deliberare oggi in Italia… E’ mancata l’interpretazione della questione sociale, abbiamo fatto errori decisivi sul lavoro, ma aver costruito una risposta che arginasse un’onda pericolosa per l’Italia é stato un bene».
E dunque Martina ha una carta da giocare? Risposta: «Per il mio Pd per esempio penso a una donna alla presidenza». Insomma la sconfitta elettorale del Pd è solo una questione di sesso. Il presidente Matteo Orfini è avvertito: non gli basterà cambiare solo il nome di battesimo.
Commenta per primo