Ettore Scola: “Festeggiate la mia morte alla Casa del Cinema”

ettore-scolaEttore Scola aveva detto: «Quando morirò  mi dovete festeggiare alla Casa del Cinema, come se fosse una festa». E così sarà. Giovedì e venerdì, dalle 8,30 alle 15,  sarà aperta infatti, proprio alla Casa del Cinema, la camera ardente del grande regista, morto il 19 gennaio all’età di 84 anni. Lo ricorderanno amici e colleghi (scelti dai familiari del regista-sceneggiatore) coordinati da Felice Laudadio.

Maestro del cinema italiano, Scola – nato a Trevico (Avelino) nel 1931 e spentosi al Policlinico Umberto I di Roma tre giorni dopo il ricovero per ictus – aveva realizzato capolavori come “C’eravamo tanti amati” (1974), “Una giornata particolare” (1977) e “La famiglia” (1987). Era stato colto da malore domenica sera ed era stato ricoverato al Policlinico Umberto I di Roma, dove è stato assistito dalle figlie Gioia, attrice, sceneggiatrice e produttrice e Silvia, sceneggiatrice.

Dotato di una particolare ironia che lo porterà a collaborare, mentre ancora frequentava giurisprudenza all’Università di Roma, con il giornale umoristico “Marc’Aurelio” come disegnatore, dalla metà degli anni Cinquanta comincia a scrivere sceneggiature – molto spesso con Ruggero Maccari – per alcuni dei più popolari registi italiani: Mattoli, Steno, Zampa, Loy, Bonnard, Bolognini, Giorgio Bianchi, Luciano Salce, arrivando a firmare i copioni del capolavoro Il sorpasso (1962) e de I mostri (1963) di Dino Risi, oltre a tantissimi film di Antonio Pietrangeli. Uno in particolare: Io la conoscevo bene (1965) gli farà vincere il Nastro d’Argento per la migliore sceneggiatura.

Nel 1961 esordisce come assistente alla regia nella pellicola di Carlo Lizzani Il carabiniere a cavallo, poi decide di provare lui stesso a dirigere un film. Dal suo genio verrà partorita la pellicola a episodi Se permettete parliamo di donne (1964) con Vittorio Gassman come protagonista in mezzo a varie figure femminili (Eleonora Rossi Drago, Antonella Lualdi e Sylva Koscina su tutte), seguito poi da La congiuntura (1965) con Joan Collins e dall’episodio Il vittimista con Nino Manfredi del film Thrilling (1965).

Negli anni successivi e lungo tutti gli anni Settanta, firma quelli che sono i maggiori successi del cinema italiano: il mefistofelico L’arcidiavolo (1966), l’avventuroso Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa? (1968), Dramma della gelosia: tutti i particolari in cronaca (1969), Il commissario Pepe (1969) e Permette? Rocco Papaleo (1971). Nella rosa dei suoi interpreti preferiti spiccano senza alcun dubbio Gassman, Alberto Sordi, Nino Manfredi, Mastroianni e Giancarlo Giannini che, sapientemente diretti, danno un contributo speciale a tutte le sue pellicole.

Poi, dopo il documentario-fiction post ’68 Trevico-Torino: viaggio nel Fiat-Nam (1972), torna alla commedia regalandoci un capolavoro: C’eravamo tanto amati (1974), vincitore del Premio César come miglior film straniero, che vede la partecipazione di una Stefania Sandrelli, in stato di grazia, contesa dai due amici Gassman e Manfredi, lungo trent’anni di storia italiana contemporanea. Coinvolgente, considerato un vero e proprio cult per la grande eleganza formale e l’innovazione registica, Ettore Scola riesce a non deluderci e ci fa entrare nei meccanismi della trama, rendendosi quasi invisibile, come se non ci fosse affatto.
Successivamente, passa alla regia dell’aspro e satirico, ma esilarante e imperdibile, Brutti, sporchi e cattivi (1976) sempre con Nino Manfredi, che lo imporrà vincitore della Palma come Miglior Regista a Cannes. Seguirà il César come miglior film straniero, il Nastro d’Argento per la migliore sceneggiatura e il David di Donatello per la regia per la pellicola Una giornata particolare (1977), con la coppia Loren-Mastroianni in versione casalinga e gay, che si incontrano nel giorno della visita di Hitler a Roma (6 maggio 1938). Gli anni Settanta si concludono con il corale La terrazza (1979) incentrato su un salotto di intellettuali notturni romani. Ancora Nastro d’Argento per la sceneggiatura.

Negli anni 80 seguiranno: Passione d’amore (1981), Il mondo nuovo (1982) e il trionfo di Ballando ballando (1983), dall’omonimo spettacolo del Théatre du Campagnol che racconta la storia della Francia senza dialoghi, ma con l’utilizzo di canzoni celebri che tratteggiano i suoi mutamenti (dalla vittoria del Fronte Popolare al ’68), il tutto visto attraverso una sala da ballo. Meritevole del premio per la regia al Festival di Berlino, di due David di Donatello, di tre César e della nomination all’Oscar. E come non citare un altro dei suoi film corali, La famiglia (1987), che vanta un cast eccezionale e i migliori premi della critica?

Considerato uno dei maestri della cinematografia mondiale, a cavallo fra gli anni Ottanta e i Novanta, sforna due piccole commedie che si avvalgono della recitazione di Marcello Mastroianni e Massimo Troisi: Splendor (1989) e Che ora è (1989). Poi una delle sue perle: La cena (1998) con un istrionico Gassman, accompagnato, quasi “altmanianamente” da una sfilza di attori straordinari, bistrattato però dalla critica. Nello stesso anno, si investe perfino produttore del film di Gianfrancesco Lazotti Saremo felici (1988).

Con l’arrivo del nuovo millennio dirige Castellitto e Abatantuono in una storia che sa ancora di guerra: Concorrenza sleale (2000). Dipoi firma i documentari Un altro mondo è possibile (2001) e Lettere dalla Palestina (2002), tornando al lungometraggio a soggetto con uno spaccato della nostra capitale a metà strada fra il documentario e la fiction, Gente di Roma (2003). Nel 2013, dieci anni dopo Gente di Roma, torna al documentario con Che strano chiamarsi Federico – Scola racconta Fellini, film che ricostruisce piccoli ma importanti episodi della vita del regista romagnolo.

Sempre attento agli sguardi dei suoi personaggi che imbastiscono il perimetro del film, maestro della perfetta e accurata costruzione del climax, il cinema di Ettore Scola è, oggi più che mai, un’operazione di nostalgia umana e cinematografica, che però strizza sempre l’occhio alle nuove tecnologie.

Il ricordo di Nichi Vedola: “Una grande passione civile, una straripante umanità, una voce tenerissima e spesso scanzonata e ironica. Con Ettore scompare uno dei grandi maestri del cinema italiano. Per molti di noi, anche un caro amico e un compagno di lotta”.

 

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