E SE BOBO AVESSE RAGIONE?

di ENNIO SIMEONE 

Date qui sotto uno sguardo alla vignetta di Sergio Staino (Bobo) pubblicata stamattina su l’Unità (di cui è da alcuni mesi il direttore). Un iscritto al Pd, allarmatissimo, gli dice: “Bobo!!! Questi stanno cercando un motivo per andarsene!!!“.  E Bobo: “Ancora?!? Ma gliene abbiamo già offerti centinaia?!?…“.

Con la straordinaria verve che rispolvera quando il gusto per la satira prevale sul ruolo di direttore dell’agonizzante quotidiano fondato da Antonio Gramsci e sempre in procinto di essere affondato dall’ultimo segretario del Pd,  Staino ha sinteticamente fotografato la sconcertante conclusione di sei ore di dibattito svoltesi domenica nell’hotel “Parco dei principi”, gioiello dell’eleganza alberghiera romana nel cuore dei Parioli.  Sei ore aperte da Renzi con l’enfatico annuncio che la parola d’ordine di quel raduno sarebbe stata “rispetto” e conclusesi con un irrispettoso, anzi sprezzante silenzio dello stesso Renzi  alla richiesta, non solo degli esponenti della minoranza del partito ma anche di autorevoli figure della sua maggioranza, di dare un segnale che scongiurasse il rischio di una scissione da parte di un pezzo anche storico del Pd.

Ed è apparso quasi come una beffa quel gesto del “cinque (foto sotto) scambiato con Michele Emiliano quando questi ha concluso la sua perorazione per un superamento delle contrapposizioni e per una rappacificazione.

Una beffa resa ancor più mortificante dal silenzio dei suoi più fidati luogotenenti e dal dileggio di un sottosegretario che ha esordito il suo discorsetto domandandosi se a parlare prima di lui fosse stato il presidente della Regione Puglia o una sua controfigura.

Del resto erano cadute nel vuoto di un’assemblea piena di plaudente conformismo verso l’autore della più cocente sconfitta elettorale (come quella sul referendum) subita da un leader in carica negli ultimi cinquant’anni, anche  le argomentazioni di Guglielmo Epifani, che a nome della minoranza aveva elencato impietosamente quelle scelte politiche del governo Renzi che ne avevano segnato i connotati ben distanti o opposti al programma politico del Pd fondato dieci anni prima e al programma elettorale presentato agli italiani dal Pd nel 2013.

Ma questa cancellazione della parola “rispetto”, avvenuta subito dopo che è stata pronunciata, rientra tra i “motivi” cui allude Bobo nella vignetta? Cioè: nasconde la volontà di disfarsi degli oppositori? E’ la domanda alla quale in queste ore le varie anime della sinistra hanno cercato di trovare la risposta giusta da dare martedì alla Direzione del Pd. Dunque, la risposta giusta è l’uscita dal partito per dar vita a una nuova formazione politica o è la permanenza, per contrastare, pur tra enormi difficoltà “ambientali”, una deriva personalistica del partito che si è contribuito a fondare e a far crescere e che rischia di imboccare una direzione di marcia sempre più divaricante da quella originale?

Per quello che può valere, la nostra convinzione è che la seconda opzione sia da preferire e da perseguire. Con tenacia. E cercando di convogliarvi il più ampio consenso possibile.

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