Donald Trump lo aveva già detto molto prima del 3 novembre: che, qualora i sondaggi che lo avessero dato perdente contro Biden nelle elezioni presidenziali, non avrebbe accettato il responso delle urne perché certamente il suo avversario avrebbe fatto dei brogli ai suoi danni. E si era premunito, accelerando la nomina di una persona di sua fiducia nella Corte Suprema, l’organo al quale potrebbe fare ricorso contro l’esito delle elezioni presidenziali in caso di vittoria dell’antagonista democratico.
E infatti, già la scorsa notte, mentre era in corso lo spoglio delle schede, ha lanciato l’accusa: «Mi stanno rubando la vittoria!», dopo aver mostrato esultanza per lo strepitoso (a suo dire) successo che le urne gli stavano attribuendo. Poi, nel corso della giornata, ha fatto altre dichiarazioni bellicose manifestando stupore e sospetti quando le cronache registravano una prevalenza di consensi per Biden durante il progressivo (anche se non travolgente) spoglio delle schede nei vari stati.
Ma non si fermerà qui. Se risulterà perdente, sposterà i suoi attacchi contro i voti per corrispondenza, il cui spoglio avverrà più lentamente, casa il funzionamento delle poste americane. E’ da lì che arriva per lui la minaccia maggiore, perché non si tratta di pochi voti: 70 milioni di americani hanno votato per posta e lì la prevalenza degli elettori orientati a favore del candidato democratico dovrebbero o potrebbero essere in netta maggioranza.
Comunque per avere la certezza della vittoria di Trump o di Biden bisognerà attendere ancora almeno un paio di giorni per via della legge elettorale che regola la scelta del presidente. E’ una legge elettorale di “secondo grado” basata sulla suddivisione federale degli Stati Uniti. In realtà gli elettori in ciascuno stato devono eleggere un numero di “grandi elettori” in proporzione degli abitanti, e il candidato presidente che vince anche per 1 solo voto conquista tutti i “grandi elettori” di quello stato. In totale i “grandi elettori” che sceglieranno il presidente sono 538 (quanti sono i parlamentari che compongono il Senato e il Congresso, che è l’equivalente della nostra Camera dei deputati). Tra i due contendenti verrà eletto presente degli Stati Uniti il candidato che otterrà almeno 270 voti.
Quindi a contare non sono i voti ottenuti nelle urne su scala nazionale, ma quelli ottenuti nei singoli stati. Può accadere così ciò che accadde a Hillary Clinton, che ottenne nel 2016 circa 3 milioni di voti in più di Trump, ma un numero di “grandi elettori” inferiore a Trump, e ciò che accadde nel 2000 ad Al Gore, che, con mezzo milione di voti più di George W. Bush, perse le elezioni.
Ecco il numero di Grandi Elettori, Stato per Stato:
- California (55)
- Texas (38),
- Florida (29)
- New York (29)
- Illinois (20)
- Pennsylvania (20)
- Ohio (18)
- Georgia (16)
- Michigan (16)
- North Carolina (15)
- New Jersey (14)
- Virginia (13)
- Washington (12)
- Arizona (11)
- Indiana (11)
- Massachusetts (11)
- Tennessee (11)
- Maryland (10)
- Minnesota (10)
- Missouri (10)
- Wisconsin (10)
- Alabama (9)
- Colorado (9)
- South Carolina (9)
- Kentucky (8)
- Louisiana (8)
- Connecticut (7)
- Oklahoma (7)
- Oregon (7)
- Arkansas (6)
- Iowa (6)
- Kansas (6)
- Mississippi (6)
- Nevada (6)
- Utah (6)
- Nebraska (5)
- New Mexico (5)
- West Virginia (5)
- Hawaii (4)
- Idaho (4)
- Maine (4)
- New Hampshire (4)
- Rhode Island (4)
- Alaska (3)
- Delaware (3)
- District of Columbia (3)
- Montana (3)
- North Dakota (3)
Stando agli ultimi sondaggi, al momento Joe Biden verrebbe accreditato di 278 delegati sicuri e, se così fosse, avrebbe la forza di essere nominato prossimo Presidente a prescindere da come andrà a finire negli Stati in bilico come la Florida e l’Ohio.
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