Lo stillicidio dei rinvii quindicinali della detenzione in carcere continua per Patrick George Zaki, il ricercatore egiziano che studia a Bologna arrestato a gennaio al suo rientro Cairo per una visita ai genitori. I giudici del Cairo da mesi lo tengono sotto la estenuante spada di Damocle della non decisione: una forma di detenzione ripetutamente rinnovata per due settimane ogni volta in mancanza di elementi a cui appigliarsi per infliggergli la detenzione con la indimostrata e indimostrabile accusa di cospirazione contro il regime attuata… via Facebook. Il nuovo “appuntamento” è per un’udienza fissata per il 7 ottobre.
Lo ha riferito una sua legale, Hoda Nasrallah, senza aggiungere altri dettagli: “Rinvio della custodia cautelare al 7 ottobre”.
“Abbiamo appreso con piacere che l’ambasciata d’Italia al Cairo, mercoledì, ha fatto un intervento scritto presso il ministero degli Esteri per ricordare che la rappresentanza diplomatica monitora attentamente il caso nell’ambito del monitoraggio europeo e continua a seguire l’esito delle udienze” confidando di “riprendere a presenziare fisicamente alle udienze non appena la situazione sanitaria” creata dalla pandemia di coronavirus “lo permetterà”, ha affermato all’ANSA una fonte della campagna di solidarietà ‘Patrick Libero‘ prima dell’annuncio dell’esito dell’udienza. Secondo quanto si è appreso al Cairo, l’ambasciata ha coinvolto nel passo altre rappresentanze diplomatiche dei più importanti Paesi europei.
“Questi giorni che ci separano dal 7 ottobre sono giorni in cui Amnesty International chiede al Governo italiano di rimettere nella propria agenda il nome di Patrick Zaki perché, complice l’estate, complice altro, quel nome da quella agenda è scomparso”. È l’appello di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.
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