Erdogan ha ordinato il bombardamento del nord della Siria per attaccare le comunità curde, che hanno sconfitto il terrorismo islamico

La Turchia sta bombardando il territorio della Siria abitato dalle comunità curde, dopo aver avuto l’equivoco via libera da Trump. Per giustificare questa aggressione il presidente turco, accusa il Pkk di essere una formazione terrorista, fingendo di dimenticare che sono stati i curdi a combattere contro il terrorismo islamico, dando in questo man forte agli Stati Uniti. E invece il governo turco sostiene che l’operazione militare servirà a “neutralizzare le minacce del terrore contro la Turchia e a portare alla creazione di una zona sicura, a facilitare il ritorno dei rifugiati siriani nelle loro case”. Anzi assicura: “Garantiremo l’integrità territoriale della Siria e libereremo le comunità locali dai terroristi.

Secondo quanto ha riferito un reporter dell’emittente Cnn Tur, diverse forti esplosioni hanno scosso la città siriana di Ras al-Ain, situata nei pressi del confine con la Turchia, e si vedono diverse colonne di fumo alzarsi da alcuni edifici. “Gli aerei da guerra turchi hanno iniziato ad eseguire raid aerei su zone abitate da civili. C’è un panico enorme tra gli abitanti della regione”, ha reso noto su Twitter il portavoce delle Forze democratiche della Siria (Fds), Mustafa Bali.

Dal canto suo Damasco, poco prima dell’annuncio delle operazioni militari turche, aveva avvertito che la Siria è determinata a fronteggiare l’aggressione turca con tutti i mezzi legittimi, definendo l’offensiva contro le milizie curde “una flagrante violazione del diritto internazionale e delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu”, precisando che se la Turchia dovesse insistere con l’operazione sarà considerata alla stregua di un gruppo terroristico e perderà il suo status di Paese garante nel processo di Astana.

Nel frattempo, i curdi siriani hanno lanciato un appello alla “mobilitazione generale” chiedendo alla popolazione locale di “convergere verso il confine con la Turchia” per “dare prova di resistenza in questo momento storico tanto delicato”. Ai curdi all’estero si chiede di organizzare proteste contro l’offensiva turca.

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