di FABIO CAMILLACCI/ La notizia era nell’aria da mercoledi sera, e infatti lo avevamo anticipato nel precedente articolo che trovate di seguito. Adesso è ufficiale: Eusebio Di Francesco non è più l’allenatore della Roma. L’annuncio è arrivato a borsa chiusa con un breve comunicato del club dopo l’ennesimo mega-vertice dirigenziale a Trigoria, arricchito dai consueti collegamenti Skype con Boston e Londra per parlare, rispettivamente, col presidente Pallotta e il “consigliori” del patron Franco Baldini. Quest’ultimo è una sorta di Casaleggio romanista, lavora nell’ombra. In mattinata invece il futuro dell’allenatore abruzzese, seppur sempre legato a un filo, sembrava un po’ più solido di quanto poteva apparire a prima vista, soprattutto a causa di una reale mancanza di alternative di largo respiro, ovvero un nome non limitato ai prossimi tre mesi. Poi nel pomeriggio è arrivata la decisione irrevocabile del club resa nota su Twitter: “L’ AS Roma comunica che da oggi Eusebio Di Francesco non è più il responsabile tecnico del club. La società ringrazia l’allenatore per il lavoro svolto sulla panchina giallorossa e gli augura il meglio per il futuro”. Un comunicato al quale si sono aggiunte le parole di James Pallotta: “Da parte mia e di tutta l’As Roma, vorrei ringraziare Eusebio per l’impegno profuso. Ha sempre lavorato con un atteggiamento professionale e ha messo al primo posto gli interessi del club rispetto a quelli personali. Gli auguriamo il meglio per la sua carriera”.
La Roma a Claudio Ranieri. Per la serie: a volte ritornano. Oppure, se preferite, corsi e ricorsi storici. Manca solo l’ufficialità per conoscere i dettagli dell’accordo con l’ex allenatore capace di vincere la Premier League alla guida del modesto Leicester, ma sarà lui a “traghettare” la Roma fino al termine di questa stagione. Poi si vedrà. Come avevamo anticipato, chiuso da ieri il discorso Paulo Sousa che si è accordato con il Bordeaux. Scartata l’ipotesi Christian Panucci, Roberto Donadoni ha detto no a un impegno limitato al prossimo trimestre. Non a caso in giornata l’ex tecnico del Bologna ha dichiarato: “Sono onorato di essere accostato alla Roma ma, contrariamente a quanto leggo dagli Stati Uniti, non ho avuto nessun contatto. In ogni caso, pur essendo onorato dell’accostamento, per il mio modo di lavorare non sarei disponibile ad un incarico di breve termine”.
Il precedente di Ranieri sulla panchina della Roma. Da poco esonerato dal Fulham, “nonno” Ranieri torna a Trigoria dopo 8 anni: si vocifera che sia stato soprattutto Francesco Totti a caldeggiare la scelta dell’allenatore romano di Testaccio, il quale nella stagione 2009-2010, dopo aver preso il posto del dimissionario Luciano Spalletti a inizio stagione, sfiorò il quarto scudetto della storia romanista. La sua Roma fu beffata dall’Inter di Mourinho e dello storico “Triplete” solo all’ultima giornata. Come Spalletti, si dimise anche lui nel 2011 dopo un rocambolesco Genoa-Roma 4-3 (i giallorossi vincevano 3-0). Ma quella era ancora la Roma dei Sensi. Poi la gestione americana cacciò Montella (che nel frattempo aveva preso il posto dello stesso Ranieri), dicendo che era necessaria una rottura col passato. Peccato che successivamente gli americani (alla guida del club dal 2011), smentendo di fatto la politica della discontinuità, richiamarono: prima Zeman, poi Spalletti e ora Ranieri. Complimenti per il fallimentare progetto tecnico.
Il punto dopo Porto-Roma di Champions
Furia Roma. Var in Champions, due pesi due misure. Porto ai quarti ma il presidente Pallotta tuona: “Siamo stati derubati!”. Giallorossi sempre più nel caos: Di Francesco al capolinea, c’è Ranieri
di FABIO CAMILLACCI/ Tutto in una notte per la Roma e per il suo allenatore Eusebio Di Francesco. Una notte diventata maledetta perchè preceduta da un teatrino tecnico-societario ai limiti del ridicolo. Dal post-derby di sabato scorso, tutti i media hanno scritto e detto che il ritorno degli ottavi di finale di Champions League sarebbe stato decisivo per il trainer abruzzese: esonero automatico in caso di eliminazione e consueto valzer di potenziali sostituti. Nessuna smentita da parte dei numerosi confusi e confusionari dirigenti giallorossi sparsi un po’ in tutto il mondo: una tacita conferma. Assurdo. Il clima peggiore per preparare una sfida di Coppa Campioni da dentro o fuori. Come recita un vecchio proverbio? Con troppi galli a cantare non si fa mai giorno. Ecco, questo è il vero male della Roma: l’assenza di una società forte, di polso. Manca il manico. Esiste soltanto una pletora di dirigenti che parla e ragiona di massimi sistemi sbagliando tutto. Per la serie, come non si gestisce una società di calcio: tutti contro tutti e caos totale. Un caos totale e un balletto che ormai vanno avanti dal settembre scorso con Di Francesco ripetutamente in discussione ma mai cacciato.
Società passiva davanti ai torti arbitrali. L’ennesima dimostrazione di incapacità e impotenza della dirigenza capitolina è arrivata al termine del match vinto 3-1 dal Porto, una partita condizionata dal pessimo arbitraggio del turco Cakir: un direttore di gara il cui valore sta tutto nel nome. Nonostante, il doppiopesismo Var visto stasera allo stadio dei Dragoni, nessun dirigente romanista si è presentato davanti a microfoni e telecamere per alzare la voce. Solo i calciatori capitan De Rossi, Perotti e Manolas hanno sottolineato che la Roma dopo essere stata penalizzata l’anno scorso dagli arbitri nelle due semifinali contro il Liverpool, ora esce dalla massima competizione continentale perchè il fischietto del Bosforo decide di non usare il Var per un netto penalty su Schick al 2° minuto di recupero del secondo tempo supplementare (foto: fermo immagine Rai), dopo averlo fatto per assegnare il rigore che lancia i lusitani ai quarti di finale. Se questa non è malafede, poco ci manca. L’ulteriore conferma che il Var non serve a niente perchè alla fine a decidere sono sempre gli uomini, non la tecnologia. E’ tutto soggettivo. Sia chiaro, arbitraggio e Var a parte, anche stasera si è vista la solita Roma: orribile in difesa e sterile in attacco. Solo nei tempi supplementari Dzeko e compagni hanno provato a portare a casa la qualificazione gettando al vento troppe occasioni. Nel frattempo, si allunga la lista degli infortuni muscolari: siamo a quota 40 e non può essere un caso.
Il patron James Pallotta non parla ma twitta, tuona contro l’arbitraggio e si arrende. Ecco cosa ha scritto sul social network il presidente dei giallorossi dopo la cocente eliminazione dalla Champions: “Lo scorso anno abbiamo richiesto il VAR in UCL perché ci avevano rovinato la semifinale e questa sera, nonostante ci fosse, siamo stati derubati. Schick è stato atterrato in area, il VAR lo dimostra, e non viene fatto niente. Sono stufo di questa merda. Non ho più parole!”. Roma derubata si ma Pallotta rifletta sui tanti errori commessi da quando è presidente, soprattutto i tanti errori commessi nella scelta dei dirigenti, rifletta sull’organigramma elefantiaco, contraddittorio e inutile che ha messo in piedi e sui tanti fallimenti del progetto tecnico. Un progetto mai decollato. Nel calcio si vince con la competenza, con le idee e con i soldi. Tutte cose che a Trigoria latitano da molti anni.
Muto anche Di Francesco, a poche ore dall’esonero. In tutto questo bailamme, nemmeno Di Francesco si presenta in conferenza stampa: un palese segnale di resa, in violazione delle regole Uefa. Pagherà il gesto con una pesante multa perchè i tecnici al termine di ogni gara sono obbligati ad andare davanti a microfoni e telecamere. Evidentemente, il Mister preferisce pagare la multa piuttosto che annunciare al mondo di non essere più l’allenatore della Roma. E’ stato avvistato da solo, avvolto nei suoi tanti pensieri, sul pullman sociale. Non ci sono ancora notizie ufficiali, proprio alla luce di questo totale silenzio: i soliti dirigenti pilateschi si sono presi qualche altra ora per riflettere e decidere. Teste d’uovo vuote: Baldissoni, Fienga, Monchi, Baldini. Senza dimenticare Totti e Massara. La Roma spende più per gli stipendi dei dirigenti che per altre cose e questo è il risultato. Intanto, abbiamo notizia che sono in crescita le azioni di Claudio Ranieri. Si tratterebbe di un ritorno. Il precedente favorito alla successione, il portoghese Paulo Sousa, venerdi firmerà per il Bordeaux. Scartate invece le ipotesi Panucci e Donadoni.
La partita dell’Estadio do Dragao. Dopo il 2-1 giallorosso dell’andata, Porto avanti con Soares al 26′, poi pareggio di De Rossi su calcio di rigore al 37′ per un netto fallo su Perotti. Nella ripresa Marega pareggia i conti con l’andata al 52′. Ai supplementari Dzeko si divora due occasioni, poi Florenzi trattiene ingenuamente Fernando. Cakir assegna il penalty rivedendo l’episodio al monitor e Telles dal dischetto è freddissimo al 117′. Subito dopo Schick viene steso in area, altrettanto ingenuamente da un giocatore del Porto, ma stavolta lo scarso arbitro turco decide di non andare a rivedere l’episodio al monitor. A pensar male si fa peccato ma spesso ci si indovina. In sintesi, tirando le somme dopo le due sfide: ai punti, tra andata e ritorno, sarebbe stata la Roma a passare il turno. Il calcio però non è il pugilato e spesso sono gli episodi a fare la differenza.
Col Porto volano ai quarti anche i Red Devils. Psg-Manchester United 1-3. Gol di Lukaku (doppietta del potente attaccante belga), Bernat e Rashford. Dopo il 2-0 dell’andata la squadra di Tuchel perde in casa ed è fuori. Errore di Buffon sul secondo gol inglese, al 94’ arriva il rigore che decide la qualificazione. Era il risultato meno prevedibile, anche secondo le statistiche. Ma il calcio è fatto così. E anche quando i quarti sembravano davvero a portata di mano per i parigini, è venuto fuori l’orgoglio di una squadra di rango come lo United; anche senza mezza dozzina di titolari, tra cui lo squalificato Pogba. Prevale la calma, la determinazione dei grandi club e l’abitudine a giocare certe sfide. Lukaku sfrutta due errori imperdonabili di Kehrer e Buffon, e dichiude il conto con Rashford, su rigore allo scadere. Uno scenario, ancora una volta drammatico per l’emiro del Qatar, giunto a Parigi per godersi una qualificazione ai quarti diventata tabù. Scottano ancora le precedenti degli ultimi due anni, questa fa molto più male.
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