di GIOVANNI PEREZ – Al tempo dell’onorevole Moro era diventata di moda l’espressione “convergenze parallele” per indicare, senza dirlo, la possibilità di un’ alleanza di governo tra la Democrazia Cristiana ed il Partito Comunista, era un’espressione che razionalmente con significava nulla, ma che andava bene per far passare nell’opinione pubblica l’ipotesi di un’alleanza che sino al giorno prima sembrava impossibile.
Oggi un’espressione simile è stata inaugurata dal nostro presidente del Consiglio, Gentiloni, nell’illustrare i risultati dell’incontro con il moderno “zar”, Vladimir Putin. Alla tradizionale conferenza stampa con i giornalisti al seguito, Gentiloni, tra i vari temi trattati, a parte il petrolio e il progetto di un nuovo gasdotto transeuropeo (ai quali il suo mentore Matteo Renzi tiene particolarmente), a richiesta di un giornalista, ha spiegato che sul futuro della comune lotta all’Isis “il problema sarà affrontato con fermezza e diplomazia”: una maniera suggestiva ed elegante, nello stile di Moro, per dire tutto e non dire nulla. Come conciliare infatti i termini “fermezza e diplomazia” con dei nemici che, a parere di tutti gli osservatori, non hanno nessuna intenzione di dialogare con l’Occidente e neppure con la Russia?
Che cosa Gentiloni, in stile gesuitico, intendesse dire con “fermezza” resta quindi un mistero. Gli osservatori sono ancora in attesa di una spiegazione di che cosa implicasse quella “fermezza”. Una spiegazione che, probabilmente, non arriverà mai. Importante per Gentiloni e per molti altri politici è usare qualche frase ad effetto da recitare alla televisione per un pubblico distratto davanti ad un piatto di pastasciutta rigorosamente al pomodoro, magari prodotto in Cina. L’importante è non saperlo, come la “fermezza”.
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