Claudio Cupellini, regista della serie tv Gomorra e di “Una vita tranquilla” con Servillo, approda alla Festa del cinema di Roma forse con il suo film più ambizioso ma non del tutto riuscito. “Alaska” , nei cinema dal 5 novembre, passerà alla storia probabilmente come la più accidentata storia d’amore del cinema italiano. Nel senso che ai due protagonisti capita ogni sorta di disgrazia. Dall’inizio alla fine.
Magnificamente interpretato da Elio Germano , Astrid Bergès Frisbey e da un grande Valerio Binasco, (con la loro bravura riescono a sostenere una sceneggiatura davvero debole), il film si snoda nell’arco dei cinque anni. Fausto è un italiano emigrato in Francia e lavora come cameriere in un lussuosissimo hotel di Parigi. Sogna di diventarne un giorno il direttore. Durante la pausa di lavoro incontra sul terrazzo dell’albergo Nadine, aspirante indossatrice anche lei in attesa del risultato di una selezione che si sta svolgendo proprio nei saloni della struttura. Tra i due giovani scatta subito la scintilla. Lui, per farsi bello, la invita nella magnifica suite all’attico con tanto di piscina interna. L’improvviso ritorno del cliente però fa innescare una serie di reazioni a catena che portano Fausto in prigione in seguito alla condanna a due anni di reclusione per lesioni personali. Dopo un lungo periodo di silenzio, lei torna ad aspettarlo all’uscita dal carcere.
Da questo momento in poi si susseguono una serie di sventure e di azioni prive di senso, che nella realtà difficilmente si possono allineare in questa maniera. Nell’ordine: tradimenti, sparatoria, incidente stradale con tanto di coma, suicidio, furti, omicidio ed inevitabilmente ancora carcere. Più che una storia d’amore i protagonisti sembrano in preda ad un delirio autodistruttivo. Ne escono vivi quasi per miracolo. Quando sembra che ci siano tutte le condizioni per ottenere finalmente ciò che da sempre sognano accade qualcosa che li riporta esattamente da dove sono partiti, ossia dal nulla. Un incubo. Sul finale e dopo parecchi acciacchi, “il ritorno a quel sentimento potente da cui tutto è iniziato”scrive Cupellini sulle note di regia.
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