FESTIVAL A ROMA/ The Mountain. Agrupación Señor Serrano, “Le ombre della verità”

di FEDERICO BETTA*/ Giunto alla sua quarta edizione, il festival multidisciplinare Sempre più Fuori si conferma come una delle realtà più interessanti della Capitale. Con la sua programmazione ampia e attenta spazia dalle produzioni internazionali fino alle nuove scoperte, con un’attenzione particolare all’inclusività e alla partecipazione trasversale della cittadinanza. Il titolo stesso del Festival racchiude l’intento di coniugare un costante ampliamento della proposta artistica insieme alla creazione di una comunità, una tipologia di programmazione culturale in grado di unire un’altissima qualità e una vitalità pop perfettamente incarnata nella bella locandina di Laura Riccioli.

Con il suo ricco programma, che dall’8 al 19 luglio attraversa differenti spazi del tessuto urbano, permette di godere di diversi ambienti, tra cui alcuni di rara bellezza come l’Accademia Tedesca di Villa Massimo e il Goethe-Institut. E proprio nella bella cornice di Villa Massimo, è andato in scena The Mountain, spettacolo della compagnia catalana Agrupación Señor Serrano, ensemble tra i più interessanti del panorama contemporaneo, insignita del prestigioso Leone d’Argento per l’innovazione teatrale alla Biennale di Venezia nel 2015.

La cifra stilistica della compagnia è immediatamente riconoscibile ed è in grado di coniugare la ricchezza di strumenti tecnologici, come proiezioni, droni e intelligenza artificiale, alla performance live con un minuzioso lavoro di artigianato che consegna al pubblico una visione stratificata e discordante della nostra stessa esperienza percettiva. La splendida attrice Anna Pérez Moya ci accoglie con una domanda fondamentale della nostra contemporaneità, che coinvolge nel profondo anche i meccanismi stessi del teatro: “Che cos’è vero? Che cosa è la verità?”.

Inscenando una partita a badminton, che la performer puntualizza essere invece “baseball”, con la domanda si stabilisce la prima convenzione che porta il pubblico a interrogarsi sulle diverse modalità sulla nostra consapevolezza. Lo spettacolo mescola linguaggi diversi e interseca linee narrative lontane nel tempo e nello spazio, come la prima spedizione sull’Everest, il radiodramma di Orson Welles La guerra dei mondi, e la storia di un sito Web di fake news su Vladimir Putin.

Ed è proprio Vladimir Putin, interpretato dall’attrice con una maschera proiettata in 3D, che ci porta tra le riflessioni più interessanti e il cuore pulsante dello spettacolo. Con una certa pungente ironia The Mountain ci mette davanti alla dura verità del come sia più semplice non mettere in dubbio le nostre fonti di informazione, ma sia invece più semplice fare solo un collage di notizie che vanno a rinsaldare le nostre già chiare visioni. Esilarante il momento in cui si annuncia un test rivolto al pubblico che deve decidere quale tra due notizie date sia falsa. La votazione viene prontamente interrotta con un perentorio: “I test sono fuori moda come la democrazia, non vi chiederemo di votare”.

The Mountain è un dispositivo magistralmente congeniato, in cui la nostra partecipazione e la nostra percezione sono continuamente messe in crisi: il pubblico partecipa alla costruzione della performance, non solo perché interrogato e filmato da un drone in tempo reale, ma perché vive un’esperienza collettiva che affonda nella nostra difficoltà di uscire dalla caverna di Platone e capire quali siano davvero le nostre ombre.

*Critico teatrale

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