Focolai di protesta in varie città questa sera dopo l’entrata in vigore delle restrizioni contenute nel decreto del governo, e soprattuto contro la chiusura, per un mese, di bar e ristoranti dopo le ore 18 e lo stop a palestre e attività sportive e culturali: restrizioni che si sono rese indispensabili per fermare l’aumento allarmante dei contagi da coronavirus.
A Torino i tassisti hanno occupato piazza Castello, a Cremona i ristoratori hanno battuto le pentole davanti alla prefettura e poi le hanno lasciate a terra come in un cimitero di stoviglie, a Catania hanno tirato bombe carta davanti alla prefettura, a Treviso in mille hanno sfilato in corteo, a Viareggio giovani hanno bloccato il traffico e lanciato fumogeni e petardi. In piazza anche a Genova ristoratori e lavoratori dello spettacolo.
Nuove tensioni in serata nelle piazze di Napoli, Milano, Torino e Trieste. Facinorosi, infiltratisi tra i lavoratori delle categorie danneggiate dai provvedimenti governativi, hanno sparato fumogeni e molotov contro le forze dell’ordine. Fermato un manifestante a Napoli, un ferito nel capoluogo piemontese.
Le forze dell’ordine hanno lanciato lacrimogeni contro i manifestanti che stavano a loro volta lanciando pietre e bottiglie davanti alla sede della Regione Lombardia, in via Melchiorre Gioia, a Milano con l’obiettivo di disperdere i partecipanti ad un corteo non autorizzato e violento partito da corso Buenos Aires, la via più commerciale della città. Un agente di polizia è stato ferito, sembra in maniera non grave, davanti alla Stazione Centrale di Milano: è stato colpito da un oggetto, forse una bottiglia, ed è stato soccorso per essere medicato. E’ stato poi disperso dalle forze dell’ordine il corteo: due persone sono state fermate non lontano dalla stazione Centrale. I manifestanti si sono sparpagliati nelle vie limitrofe a Corso Buenos Aires.
Due negozi della centralissima via Roma, a Torino, sono stati devastati da gruppi di manifestanti nel corso degli episodi di guerriglia con le forze dell’ordine. In un caso, un gruppo, dopo aver sfondato la vetrata d’ingresso, si è introdotto all’interno e si è dato al saccheggio. Sale, intanto, il bilancio dei fermati: sono dieci secondo la Questura.
Sale l’allerta del Viminale. Massima attenzione, necessità di disinnescare sul nascere ogni situazione di possibile rischio, massima fermezza nei confronti dei violenti. Al Viminale sale l’allerta per le tensioni sociali che potrebbero esplodere nel paese.
Le manifestazioni dei giorni scorsi a Napoli, Roma e Torino, viene sottolineato, sono un campanello d’allarme anche se si è trattato di situazioni ben connotate: chi si è reso protagonista degli scontri con le forze di polizia, in sostanza, non aveva nulla a che vedere con le categorie che in qualche modo sono state più colpite dalla crisi di questi mesi ma con ambienti che avevano il preciso scopo di provocare disordini: ultras, estremisti di destra, centri sociali, soggetti che vivono di espedienti e piccoli reati utilizzati come manovalanza dalla criminalità organizzata. Ma la situazione ora potrebbe cambiare. La rabbia e la frustrazione di alcune categorie potrebbero infatti diventare occasione per chi ha interesse ad alimentare le tensioni. E, vista in quest’ottica, gli apparati di sicurezza non escludono che le manifestazioni annunciante per i prossimi giorni da chi è stato più colpito dai provvedimenti possano essere strumentalizziate e diventare l’occasione per provocatori e infiltrati di mettersi in mostra.
Ecco perché, dicono ancora fonti qualificate degli apparati di sicurezza, “la questione dell’ordine pubblico è diventata molto sensibile e vanno disinnescate le situazioni più a rischio”. Già in questi giorni sono state messe in campo una serie di azioni preventive e in ogni caso, viene ribadito, “non saranno tollerati eccessi”. Ministero e Dipartimento della Pubblica Sicurezza, inoltre, sono in costante contatto con prefetti e rappresentanti locali delle forze di polizia proprio per rimodulare la strategia e mettere in campo ogni intervento per intercettare le possibili situazioni più a rischio prima che esplodano o si trasformino in veicolo per i più violenti. Sempre nell’ottica, viene ripetuto, della “massima fermezza”.
La pioggia non ferma la protesta dei ristoratori, gestori di bar e pub di Milano e provincia che si sono dati appuntamento a pochi passi dalla Prefettura di Milano per manifestare la loro ostilità verso il nuovo decreto del governo che impone loro la chiusura alle 18. Una delegazione è stata ricevuta dal prefetto di Milano, Renato Saccone. Con loro hanno bandiere tricolore e striscioni con le scritte ‘Servono fatti non decreti’, ‘Falliamo noi, fallite voi‘ e ‘No tasse e più aiuti concreti‘.
Non mancano le prese di posizioni arbitrarie, incuranti delle vittime che il coronavirus continua a mietere in Italia e in tutto il mondo e che mieterà ancora se non si adottano misure drastiche per arginare l’estendersi dell’epidemia. Un esempio lo si riscontra nelle parole di Alfredo Zini, ristoratore che ha promosso la protesta a Milano: «Questo nuovo decreto è peggio del lockdown – ha affermato – Ci sarà così un mercato parallelo di abusivismo, la gente potrà acquistare alimentari e alcolici e consumarli anche abusivamente per la strada». Inoltre chiede un allineamento tra il Dpcm e l’ordinanza regionale, che hanno deciso due diversi orari di chiusura dei ristoranti: uno alle 18 e l’altra alle 23. Inoltre i ristoratori chiedono contributi “non a pioggia uguali per tutti ma commisurati alla perdita di fatturato”, dimenticando che un criterio del genere, per essere applicato, richiede molto più tempo. Inoltre Zini lancia l’allarme per la “chiusura di tante attività che potrebbero finire nelle mani della criminalità organizzata”.
A Napoli, invece, le richieste sono altre: “Reddito di salute per tutti. La crisi la paghino i ricchi”: è scritto su uno degli striscioni esposti in Piazza Plebiscito a Napoli con centinaia di persone a protestare contro i nuovi provvedimenti anticovid da parte del governo e della Regione Campania. In piazza rappresentanti delle categorie che si sentono danneggiate come i ristoratori, i titolari dei bar, settori dell’indotto del turismo, ma anche studenti, esponenti dei centri sociali, singoli cittadini che stanno perdendo il lavoro, ma che non hanno nulla a che vedere con il decreto del governo: «’A salute è ‘a prima cosa ma senza sorde nun se cantano messe”, recita un altro degli striscioni. Intorno alla piazza decine di automezzi delle forze dell’ordine e agenti in tenuta antisommossa. La protesta poi si è spostata davanti alla sede della Regione Campania. Urlando “dimissioni, dimissioni” contro il presidente Vincenzo De Luca, alcune migliaia di manifestanti sono arrivati davanti all’ingresso della sede della Regione in via Raffaele De Cesare. I manifestanti si sono fermati davanti all’ingresso, che è chiuso, con le saracinesche abbassate. Alcuni che intonavano Napul’è di Pino Daniele.
A Palermo protesta di commercianti, ristoratori e dipendenti dei locali davanti alla prefettura. All’iniziativa, pacifica, hanno partecipato un centinaio di persone, compresi alcuni lavoratori del settore dello spettacolo. Contestano il nuovo Decreto del governo e chiedono un sostegno economico per affrontare questo mese di chiusura. “Per molti di noi è un nuovo lockdown – dicono alcuni imprenditori del settore alimentare – La chiusura alle 18 rappresenta un colpo mortale alle nostre attività. Il governo non ci può abbandonare in questo momento. Abbiamo bisogno di aiuti veri”.
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