di SERGIO TRASATTI/ Secondo turno delle elezioni legislative in Francia: the day after. Dopo la vittoria a sorpresa della sinistra sui centristi di Macron e l’ultradestra di Marine Le Pen, è caos governo. Il capo dello Stato per ora respinge le dimissioni presentate dal premier uscente: il centrista Attal. Ma, a oggi, nessuna delle tre forze politiche ha la maggioranza assoluta. E comunque, ci sarebbero i seggi per larghe intese anche senza la sinistra estrema di “France Insoumise” di Mélenchon. Intanto, si attende la mossa della stessa sinistra con il conseguente annuncio del candidato premier.
Un Fronte con Mélenchon e uno senza. Dopo aver vinto, il Fronte è in pieno fermento tra lavori in corso e riunioni per trovare una guida. Tante le anime che formano la galassia della Gauche: socialisti, ecologisti, comunisti. La campagna elettorale ha esasperato le divergenze; il carattere forte e passionale di Mélenchon ha fatto il resto. I cosiddetti ortodossi del Fronte, come Manuel Bombard e Mathilde Panot, assicurano: “Tutto va bene, noi andiamo avanti solo per applicare il nostro programma”.
Il programma della sinistra transalpina. Un programma che prevede tra l’altro: l’abrogazione immediata della riforma delle pensioni con il limite che tornerebbe a 60 anni, il blocco dei prezzi dei beni di prima necessità, il salario minimo a 1.600 euro. Tradotto: costi altissimi, otre i 100 miliardi, con conseguente impennata delle tasse per i cittadini.
Il recente passato. Nel partito liti con le personalità più forti hanno causato autentiche epurazioni. Ben tre dissidenti sono stati rieletti anche senza l’ombrello del partito: Alexis Corbière, Danielle Simonnet e Hendrik Davi. Mentre Raquel Garrido, molto popolare, ha perso. Infine, Clémentine Autain che dice: “Voglio passare in un nuovo gruppo politico dopo le tante purghe decise dai vertici”.
Francois Ruffin il nome forte. Lui, una colomba del movimento, ha sbattuto la porta da tempo, anche se era considerato il successore di Mélenchon. Ha accusato il capo di essere un peso morto e si è fatto eleggere da indipendente. Nelle ultime ore, però, è lui il nome forte per la candidatura a primo ministro. In campagna elettorale è stato definito un salvagente nel caso di ostinazione di Mélenchon a presentarsi come candidato premier; domenica ha fatto il suo nome anche Raphael Glucksmann, il saggista fondatore di “Place publique”.
Analisi del voto e percentuali. C’è un aspetto curioso che tiene banco, cioè: se dalle urne esce vincitore il Nuovo Fronte Popolare grazie alla strategia delle desistenze, il partito di Marine Le Pen resta comunque il più votato con il 32,05% dei consensi, rispetto al 29.25% centrato al primo turno di queste elezioni legislative. Secondo posto per il Nuovo Fronte Popolare con 25,68%, rispetto al 28,06% del 30 giugno. In crescita i macroniani con Ensemble che prende il 23,14% contro il 20,04% del primo turno. Il 5,41% ha votato Le Républicains; il 6,57% al primo turno.
I numeri definitivi riguardanti i deputati eletti. Il Nuovo Fronte Popolare ottiene 182 deputati, Ensemble 168, Le Pen i suoi alleati raggiungono quota 143. Dopo il 30 giugno, Rassemblement National era al comando; i patti elettorali tra gli altri partiti in chiave anti-ultradestra con le desistenze, hanno raggiunto l’obiettivo di neutralizzare l’avanzata di Marine Le Pen. Sinistra molto bene nelle grandi città. Secondo alcuni sondaggi: Rn fa breccia tra gli over 35, i giovani, invece, votano per la sinistra del Nuovo Fronte Popolare. Ma senza maggioranza assoluta il caos resta.
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