“Tre funzionari della sicurezza egiziana coinvolti nelle indagini affermano che Regeni è stato preso da alcuni agenti il 25 gennaio”. Lo scrive il New York Times. Il ragazzo “ha reagito bruscamente, si è comportato come un duro”, sostengono le fonti. Tutti e tre, intervistati separatamente – scrive il Nyt – dicono che Regeni aveva sollevato sospetti a causa di contatti trovati sul suo telefono di persone vicine ai Fratelli Musulmani e al movimento 6 Aprile, considerati nemici dello Stato. Chi ha fermato Regeni “ha pensato fosse una spia”, aggiungono le fonti.
“Diversi testimoni – prosegue il New York Times – dicono che intorno alle 7 di sera due agenti in borghese davano la caccia ad alcuni giovani nelle strade”. Un ulteriore testimone, che ha chiesto l’anonimato, racconta che i due agenti “hanno fermato l’italiano”. “Uno gli ha perquisito lo zaino, mentre l’altro gli ha controllato il passaporto. Quindi lo hanno portato via”. Secondo questa ulteriore testimonianza, “uno dei due agenti era già stato visto nel quartiere in diverse precedenti occasioni, e aveva fatto domande ad alcune persone su Regeni”. Tornando alla testimonianza dei tre funzionari della sicurezza invece, il New York Times ricorda che Regeni stava conducendo ricerche sui sindacati indipendenti in Egitto. Ma, dice uno dei tre funzionari al Nyt, gli agenti “pensavano fosse una spia: dopo tutto – si chiede – chi viene in Egitto a studiare i sindacati?”.
Il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry ha sostenuto che nei colloqui del Cairo con il governo italiano “non viene sollevata una simile illazione o accusa” circa un coinvolgimento di forze di sicurezza egiziane nella tortura a morte del giovane ricercatore friulano Giulio Regeni. Come riferisce il New York Times, Shoukry lo ha detto alla Radio nazionale pubblica. “E’ abbastanza sconcertante che ci dovrebbe essere questa impressione”, ha detto inoltre il ministro secondo una trascrizione dell’intervista citata dal Nyt. L’Egitto ha un numero “molto alto” di “emigrati in Italia” che, da vittime, “affrontano quotidianamente un’attività criminale”, ha sostento Shoukry. “Se facessi illazioni che quell’attività criminale è in qualche modo connessa al governo italiano, sarebbe molto difficile condurre relazioni internazionali”, ha avvertito il ministro.
Intanto il pubblico ministero della Procura della Repubblica a Roma Sergio Colaiocco, titolare dell’ inchiesta italiana sulla morte di Giulio e giunto ieri in Friuli, ha sentito la sorella del giovane, Irene, e un’amica, entrambe nella qualità di persone informate sui fatti. Secondo quanto si è appreso, i Carabinieri del Ros e lo Sco della Polizia capitolina avrebbero acquisito anche materiale informatico fornito dagli stessi familiari dello studente. Il pm è arrivato ieri in occasione dei funerali a Fiumicello.
66 “scomparsi” in Egitto a gennaio – Sono almeno 66 le persone considerate ‘desaparecidos’ dagli attivisti egiziani nel mese di gennaio di quest’anno, a cui si aggiungono “42 casi di sospette torture in carcere”. Lo denuncia la Commissione egiziana per i diritti umani, citata da Sky News. Uno dei responsabili della Ong, Mohamed Lotfy, spiega che per desaparecidos si intendono individui fermati dalle forze di sicurezza senza accuse formali, o senza che sia rivelato il luogo dove vengono attualmente detenuti.
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