di Ennio Simeone/
Intervistato in teatro a Genova da Ezio Mauro per il meeting “la Repubblica delle idee”, Matteo Renzi ha spalancato il suo animo garantista. E a proposto della inchiesta su “Mafia capitale” ha affermato: “Ho cinque sottosegretari con l’avviso di garanzia, tre del Pd, siccome credo nella Costituzione e ho giurato sulla Costituzione, un cittadino è innocente finché non viene provato il contrario. Questo per me è il discrimine tra giustizia e giustizialismo. Non mi troverà mai dalla parte di quelli per cui un avviso di garanzia significa richiesta di dimissioni”.
Perfetto. Da condividere in pieno.
Subito dopo però – forse nel timore di inimicarsi quella parte di opinione pubblica che non ne può più di scandali nella gestione del pubblico denaro – ha aggiunto: “Ma io sono quello che ha suggerito al signor sindaco di Venezia di andarsene immediatamente quando ha patteggiato, perché se sei colpevole e patteggi vai a casa. I politici condannati devono lasciare per sempre la politica”.
Ezio Mauro non ha obiettato. Ma avrebbe dovuto chiedergli: non è stato lei, signor Renzi, a riabilitare, a stringere accordi (come il “patto del Nazareno”) e a concordare, non la riforma del regolamento condominiale ma la riforma della Costituzione, con quel politico condannato in tre gradi di giudizio, con sentenza definitiva della Cassazione, per aver frodato lo Stato?
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