Finalmente stamattina 24 famiglie di quelle che abitavano sotto il ponte Morandi crollato a Genova il 14 agosto hanno avuto due ore di tempo per tornare nelle loro case per tentare di riprendere oggetti e masserizie essenziali. Tanta emozione, ma anche tanto affanno, tanto dolore, fino alle lacrime. La strada era deserta, senza più auto parcheggiate ormai da settimane, alcune finestre rimaste aperte da quel terribile giorno, e un silenzio spettrale, se non fosse per il vociare degli sfollati e dei cronisti e degli operatori fatti entrare a bordo di un piccolo pullman turistico aperto. Nella zona rossa di ponte Morandi, l’unica traccia che queste case fossero abitate prima di quel disastro sono le piante che resistono sui balconi.
I primi cittadini a entrare sono stati alcuni inquilini dei civici 11 e 16 e 5 e 6, quelli più lontani dalla pila 10 del viadotto. Il capo protetto da un caschetto, e tre vigili del fuoco a fianco. Hanno iniziato a riempire gli scatoloni forniti dal Comune, già montati per evitare di perdere tempo nelle due ore concesse, e a collocarli sulle piattaforme mobili da trasloco. In tutta la giornata, secondo i piani, entreranno 24 famiglie.
Una donna a causa della emozione è stata costretta ad abbandonare l’abitazione e a uscire in strada, dove è stata assistita dai vigili del fuoco. Ha avuto un
momento di sconforto, è scoppiata a piangere e ha interrotto la visita in casa una delle persone sfollate di ponte Morandi. La donna poi si è ripresa e ha fatto rientro in casa.
Uno degli abitanti di via Porro non ha potuto raccogliere le sue cose perché ha trovato la casa completamente allagata a causa dell’acqua piovana fuoriuscita dalle cisterne di raccolta situate sul tetto del palazzo. Nonostante l’aiuto dei vigili del fuoco l’uomo ha dovuto rinunciare al momento a riempire i 50 scatoloni a disposizione. Si teme che il problema possa essersi verificato anche in altri palazzi.
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