Gli “angeli della morte” nell’ospedale di Saronno: 50 cartelle cliniche sequestrate

 

L'infermiera Laura Taroni e l'ex viceprimario del pronto soccorso di Saronno Leonardo Cazzaniga, arrestati dai carabinieri di Saronno il 29 novembre 2016, in una foto tratta dal profilo Facebook della donna. FACEBOOK +++ATTENZIONE LA FOTO NON PUO? ESSERE PUBBLICATA O RIPRODOTTA SENZA L?AUTORIZZAZIONE DELLA FONTE DI ORIGINE CUI SI RINVIA+++
L’infermiera Laura Taroni e l’ex viceprimario del pronto soccorso di Saronno Leonardo Cazzaniga in una foto su Facebook 

Oltre cinquanta cartelle cliniche sequestrate dai carabinieri  nell’ambito dell’inchiesta sul medico anestesista Leonardo Cazzaniga dell’ospedale di Saronno e dell’infermiera Laura Taroni, arrestati martedì con l’accusa di avere provocato la morte di alcuni pazienti, tra cui il marito della Taroni. Dagli atti, tra le altre cose, è emerso che i due avevano intenzione di uccidere anche un cugino acquisito della donna.

Comunque sono almeno una trentina i decessi avvenuti al Pronto Soccorso di Saronno su cui gli inquirenti indagheranno nelle prossime settimane. Si tratta di persone che in un modo o nell’altro durante il periodo trascorso al Pronto Soccorso sono venute a contatto col medico anestesista Leonardo Cazzaniga, 60 anni, arrestato con l’accusa di avere ucciso, attraverso la somministrazione in dosi eccessive di farmaci, in particolare anestetici e sedativi, almeno quattro pazienti, arrivati al Pronto Soccorso con patologie gravi, ma non in imminente pericolo di vita.

Il medico in un delirio di onnipotenza, che secondo quanto risulta dalle carte dell’ordinanza lo portava a dire “io sono Dio”, sono “l’angelo della morte”, si arrogava il diritto di decidere chi erano i pazienti che potevano vivere e chi invece doveva morire. Su di lui pende anche l’accusa di aver aiutato l’amante, la 40enne Laura Taroni, ad uccidere il marito avvelenato nel corso di mesi con i farmaci contro il diabete, che però l’uomo non aveva. Un omicidio per cui anche la donna è finita in carcere.

Le cartelle cliniche e i dati di accesso all’ospedale di pazienti che durante il loro ricovero hanno avuto a che fare con Cazzaniga sono stati sequestrati durante le perquisizioni nella struttura sanitaria. Una mole enorme di documenti e dati, si parla di almeno 4 hard disk, che ora dovranno essere vagliati dagli inquirenti. Nel corso delle indagini verranno contattati come testimoni anche i parenti dei pazienti considerati possibili vittime del dottore.

“Il personale medico è sconvolto, non avevamo idea che ci fossero voci del genere su Cazzaniga in pronto soccorso. Lei invece era conosciuta per essere una persona che non stava bene”. A parlare è uno dei primari dell’ospedale di Saronno, che ha chiesto di restare anonimo. Interpellato dall’Ansa, il medico ha riferito che nell’ospedale dove due giorni fa sono stati arrestati il medico e l’infermiera, si sapeva che l’infermiera avesse “qualche problema”, mentre Cazzaniga era conosciuto come uno “a volte molto polemico”.    “Lui ha un carattere polemico, ma essendo poco in reparto abbiamo sempre avuto poco a che fare con lui – ha detto lo specialista -. Lei invece era noto a tutti non stesse bene per problemi neurologici, aveva avuto addirittura crisi epilettiche in reparto. Era spesso a casa in malattia. A quel che mi risulta presto sarebbe rimasta a casa definitivamente”.

L’assunzione della dottoressa che sa. Ma insieme a nuove morti sospette, spunta l’ipotesi della assunzione nell’ospedale di Saronno di una dottoressa che riferire i suoi sospetti sulla coppia diabolica. Dalle intercettazioni effettuate dai carabinieri verrebbe fuori che la dottoressa Simona Sangion si sfoga al telefono con il primario Nicola Scoppetta: «Se io il 24 settembre  non ho un lavoro, faccio scoppiare un casino! E ho le carte in mano per farlo scoppiare davvero perché adesso sono veramente stanca di essere presa per il culo». La dottoressa si riferisce alla scoperta che il suo nome è stato cancellato dal piano turni dell’ospedale perché il suo contratto è in scadenza. La professionista è furibonda e rivela che se i vertici ospedalieri non l’aiuteranno avviserà «i parenti dei pazienti morti che un medico del reparto li ha ammazzati». L’azienda si muove e la rassicura. Il direttore di presidio Paolo Valentini le manifesta l’intenzione di assumerla. Il primario Scoppetta la chiama dopo il colloquio: «Stiamo preparando il bando di concorso per rinnovarti l’incarico». Eppure il tempo passa e il 21 agosto la dottoressa torna alla carica. A ottobre viene organizzato un concorso ad hoc, e lei viene assunta.

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