di SERGIO TRASATTI/ Si apre oggi giovedi 26 ottobre il processo d’appello per l’omicidio di Serena Mollicone: la studentessa 18enne di Arce scomparsa il primo giugno 2001 e ritrovata cadavere due giorni dopo nel boschetto di Fonte Cupa, sempre in provincia di Frosinone. A comparire davanti alla prima sezione penale della Corte d’Assise d’Appello di Roma i 5 imputati assolti in primo grado. L’ex maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, sua moglie Annamaria e il figlio Marco sono accusati di omicidio volontario e occultamento di cadavere; mentre l’appuntato dei Carabinieri Francesco Suprano è accusato di favoreggiamento e il luogotenente dell’Arma Vincenzo Quatrale risponde di concorso esterno in omicidio. I 5 furono prosciolti nel luglio 2022 dalla Corte d’Assise del Tribunale di Cassino per insufficienza di prove. Connesso alla vicenda, lo strano suicidio del brigadiere Santino Tuzi che nel 2008 rivelò ai magistrati di aver visto Serena Mollicone salire nell’alloggio del maresciallo Mottola e di non averla più vista uscire.
Alla vigilia del processo d’appello, il giallo è stato approfondito a “Crimini e Criminologia” su Cusano Italia TV. Tra gli altri è intervenuta Maria Tuzi, figlia del brigadiere suicida. La donna si è sempre detta convinta che suo padre sia stato messo a tacere, infatti s’indaga su istigazione al suicidio. Intervistata da Fabio Camillacci e Gabriele Raho, Maria Tuzi ha detto: “Io sono ottimista e sono convinta che in appello la giustizia trionferà. Spero che qualcuno che sa parli; e sono tanti. E soprattutto spero che chi ha già parlato in primo grado torni in aula a dire quello che non ha detto nel primo processo. Perché molti testimoni che sanno cosa è successo a Serena e a mio padre, durante le loro deposizioni si fermavano dicendo di non ricordare altro. E invece sanno ma non parlano. Quindi mi auguro che stavolta tornino a testimoniare dicendo tutta la verità per aiutarci. Io ricevo continuamente messaggi o lettere di persone che sanno come andarono le cose in quella caserma; mi auguro che si decidano finalmente a raccontarle davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Roma”.
A “Crimini e Criminologia” ha parlato anche la psicologa e criminologa Laura Volpini consulente di parte della famiglia Mollicone illustrando su cosa punterà la parte civile in appello: “Ci sono degli indizi gravi, convergenti e concordanti che come parte civile abbiamo già sottoposta alla Corte d’Assise di Cassino, facendo un lavoro piuttosto complesso legato a un sistema statistico-matematico, le reti bayesiane, che nel mondo anglosassone sono comunemente utilizzate in ambito forense, e che servono a estrarre gli elementi più importanti di prove testimoniali e scientifiche emerse per poterle comparare all’interno di un sistema statistico-matematico. I nostri risultati sono chiari: c’è un’alta compatibilità, se non quasi la certezza che Serena Mollicone quel primo giugno 2001 era nella caserma dei carabinieri di Arce; inoltre, è altamente probabile che sia stata uccisa dentro la caserma colpita con la porta dell’alloggio del maresciallo Mottola o comunque fatta sbattere contro la stessa. Un lavoro che in primo grado non venne analizzato. Quindi ora ci aspettiamo che in appello si apra un’istruttoria che valuti tutti gli elementi probatori o comunque gravi e concordanti che esistono e che abbiamo dimostrato”.
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