I FUNERALI DI PAOLO ROSSI A VICENZA/ Il feretro di Pablito in Duomo sulle spalle dei campioni del mondo di Spagna 82. Il sacerdote durante l’omelia: “Ora ti allenerai nella Coverciano del cielo”. Nello stesso giorno furto nella sua casa di campagna

di FABIO CAMILLACCI/ A Vicenza, il mondo del calcio e non solo ha dato l’ultimo saluto a Paolo Rossi morto giovedì scorso dopo una malattia che lo aveva ormai logorato. Un ultimo saluto emozionato ed emozionante. Per evitare assembramenti sono state chiuse la piazza e le vie che portano al Duomo. Alla cerimonia funebre presenti soltanto 250 persone a causa delle restrizioni dovute all’emergenza Covid. E’ toccato al figlio Alessandro, con al fianco Antonio Cabrini e dietro Giancarlo Antognoni, Claudio Gentile e Bruno Conti, portare la bara all’esterno del Duomo di Vicenza, al termine dei funerali officiati da don Pierangelo Ruaro.

Il feretro del campione del Mondo, con una maglia azzurra numero 20 sopra e una sciarpa del Vicenza, è stata accolta dagli applausi della gente assiepata all’esterno dietro le transenne. Commoventi i saluti, gli abbracci dei suoi ex compagni di Nazionale e del presidente della FIGC Gabriele Gravina alla moglie Federica e ai figli Alessandro, Sofia Elena e Maria Vittoria. Nell’omelia don Pierangelo Ruaro ha detto: “Paolo ha vissuto la malattia con il garbo e la discrezione di sempre. La sua grandezza è stata di essere un fuoriclasse, ma mai un personaggio. Ora ti allenerai nella Coverciano del cielo”.

Domenica 13 dicembre invece saranno il Perugia e il Comune di Perugia a rendere omaggio a Pablito. Il feretro del campione del mondo infatti sarà accolto, verso le 9, nella zona dello stadio Curi a Pian di Massiano in una cerimonia che avverrà in forma strettamente privata. Giocatore del Perugia nella stagione 1979-80, Rossi ha sempre mantenuto un legame speciale con la città. Alla cerimonia saranno presenti i familiari tra cui la moglie, la giornalista perugina Federica Cappelletti, e una delegazione della società biancorossa, oltre ad alcune autorità civili e il cappellano della squadra Padre Mauro Angelini.

IL FURTO NELLA SUA CASA DI BUCINE– Nel giorno dei funerali, mentre tutta l’Italia piangeva per l’addio a Paolo Rossi, la casa di ‘Pablito’, a Bucine, nella campagna toscana, è stata svaligiata. Al rientro da Vicenza nell’agriturismo in Toscana, la moglie Federica ha trovato il caos creato dai ladri. Tra gli oggetti mancanti l’orologio di Paolo Rossi. Sono in corso i rilievi da parte della Polizia scientifica.

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Vicenza: migliaia di persone alla camera ardente presso lo stadio “Menti” per omaggiare Pablito

L’omaggio di tanta gente comune a Paolo Rossi. Il feretro dell’ex campione del mondo di calcio ha lasciato la camera mortuaria dell’ospedale Le Scotte di Siena a bordo di un carro funebre. Coperta da una corona di rose bianche disposte dalla moglie Federica, la bara è stata portata a Vicenza per la camera ardente allo stadio “Menti”. I funerali si terranno sabato 12 dicembre nel Duomo della città veneta. Ricordiamo che “Pablito” rivelò le sue straordinarie doti di attaccante, da giovanissimo, proprio nella squadra locale del Lanerossi Vicenza. Diversi striscioni invece sono stati appesi nella notte ai cancelli dell’obitorio senese in omaggio al calciatore, tra cui “Ciao Campione” e “Ciao Pablito, per sempre un mito”.

Una prima proposta: intitolare a Paolo Rossi lo stadio di Prato. Il Comune di Prato, dove Pablito è nato 64 anni fa, ha proposto di intitolare al suo campione l’impianto di calcio, che attualmente si chiama Lungobisenzio. In città è lutto cittadino, con il sindaco Matteo Biffoni che ha invitato tutti a ricordare il calciatore esponendo ai balconi e alle finestre una bandiera italiana, come in quella splendida estate del 1982, quando Paolo Rossi trascinò l’Italia, a suon di gol, nel trionfo ai Mondiali in Spagna.

La seconda proposta commentata dal presidente del Coni. Giovanni Malagò nel commemorare il campione scomparso ha detto: “L’idea di dedicare a Paolo Rossi il titolo di capocannoniere del campionato italiano di Serie A è bellissima. È un diritto che devono esercitare la Figc e la Lega Serie A. Non mi permetto di prevaricare, ma mi sembra che l’idea sia straordinaria”. Intanto, nelle partite valide per l’undicesima giornata di Serie A, Paolo Rossi sarà celebrato con un minuto di silenzio e con il lutto al braccio per tutte le squadre.

Addio Paolo Rossi: immagine dell’Italia calcistica nel mondo

Se ne è andato a sorpresa, come quando sbucava alle spalle di un difensore e si faceva appena in tempo a vedere il pallone in rete. Nell’anno più brutto il mondo dice addio, dopo Maradona, anche a Paolo Rossi, il capocannoniere del mondiale 1982, l’ “hombre del partido” di una notte magica in Spagna, un campione la cui popolarità ha raggiunto vette elevatissime anche fuori da quelle che allora erano le traiettorie abituali della passione calcistica.

Era l’immagine dell’Italia calcistica nel mondo. Di lui parlavano ovunque, taxisti colombiani e soldati cinesi, infermieri del Ghana e bambini della striscia di Gaza: merito, certo, di quei sei gol in tre partite nell’estate del 1982 (3 al Brasile, 2 alla Polonia e uno alla Germania in finale) che fecero riversare in strada un Paese intero, felice di festeggiare un successo mondiale atteso 44 anni e di chiudere la stagione triste degli Anni di piombo

A dare notizia della morte del campione, che aveva 64 anni e da tempo lottava con una brutta malattia, nella notte la moglie Federica Cappelletti. “Per sempre“, ha scritto Federica pubblicando sul social network una foto di lei col marito. Negli stessi minuti dava conto della scomparsa di ‘Pablito’ anche il vicedirettore di RaiSport, Enrico Varriale: “Una notizia tristissima. Ci ha lasciato un indimenticabile, che ci ha fatto innamorare tutti in quell’Estate dell’82 e che è stato prezioso e competente compagno di lavoro negli ultimi anni”.

“Sono dolorosamente colpito dalla prematura scomparsa di Paolo Rossi, indimenticabile protagonista dell’Italia campione del mondo di calcio nel 1982 e sempre seguito con affetto da tutti coloro che amano lo sport. Ricordando il suo garbo e la sua umanità esprimo ai suoi familiari cordoglio e vicinanza”, afferma il capo dello Stato, Sergio Mattarella, in una dichiarazione.

“Sei mesi fa ho perso un fratello, oggi ne piango un altro. Non voglio dire altro, per me questo non è il momento di parlare”. Al telefono con l’ANSA, Antonio Cabrini, compagno di squadra di Paolo Rossi per tanti anni alla Juve e in Nazionale, è distrutto nel ricordare il goleador dell’Italia Mundial.

“L’ho saputo cinque minuti fa, mi dispiace tantissimo. Non so cosa dire, è stato fulmine a ciel sereno”. Così Dino Zoff, appresa la notizia della scomparsa di Paolo Rossi, eroe della Nazionale campione del mondo del 1982. “Abbiamo sempre avuto un grande rapporto con Paolo, simpatico, intelligente – prosegue Zoff al telefono con l’ANSA – Era un po’ che non ci sentivamo, ci avevano detto qualcosa ma non pensavo fosse così grave. I rapporti con lui erano stupendi, era simpaticissimo. Intelligente, aveva tutto per stare bene. Qualcosa difficile da capire”.

Lo ammetto… piango. Facevi parte del gruppo di ‘Amici Veri’. E’ il messaggio commosso di Zibi Boniek per la scomparsa di Paolo Rossi, suo compagno di squadra con la maglia della Juventus. “Con te non solo ho vinto – conclude l’ex giocatore polacco – ma anche vissuto”.

“Paolo Rossi ci ha fatto sentire orgogliosi di essere italiani, è stato l’eroe di tutti noi. La Serie A piange un immortale del nostro calcio, amato dal mondo intero”. E’ il messaggio del presidente della Lega di Serie A, Paolo Dal Pino, per la scomparsa di Paolo Rossi. “Mando un sentito abbraccio e le condoglianze della Lega Serie A a tutta la sua famiglia”. Bandiere a mezz’asta nella sede romana della Figc e soprattutto a Coverciano, la casa della nazionale, a Firenze.

Il messaggio del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte: «Nell’estate del 1982 con i suoi gol ha regalato un sogno a intere generazioni. È stato il simbolo di una Nazionale e di un’Italia, unita e tenace, capace di battere avversari di enorme caratura. Addio a Paolo Rossi, indimenticabile campione. L’Italia ti ricorderà con affetto».

Una carriera da brivido, metafora vivente di un calcio che non cesserà mai di sorprendere. Pablito, l’eroe del Mundial spagnolo, per tutti resta “Paolo Rossi, un ragazzo come noi“: gli è riuscito persino il dribbling ad Antonello Venditti che ha poetizzato quel nome in una sua bellissima canzone. Non si trattava del centravanti azzurro, ma di uno studente omonimo, il primo morto negli scontri tra studenti e polizia a Roma, eppure in molti l’hanno sempre accostato a “El Hombre del Partido” di quel 5 luglio ’82, il giorno che gli cambiò la vita. Lui che a 17 anni voleva essere Kurt Hamrin, e che a 26 divenne Pablito.

Nonostante una carriera ‘troppo breve’ alle spalle (appena 10 anni in Serie A di cui 2 cancellati dalla vicenda delle scommesse), la corsa del Signor Rossi alla notorietà e alla leggenda è costellata da tante serpentine, riuscite o meno: dall’esplosione nel Vicenza, all’amarezza nei lunghi giorni della squalifica, dai momenti indimenticabili del Mundial spagnolo, con i tre gol al Brasile che lo hanno proiettato nell’epopea del calcio e gli hanno inimicato un popolo intero (nel 1989, a carriera finita, in Brasile per un torneo di ex glorie, fu fatto scendere dall’auto da un tassista che lo aveva riconosciuto), al desiderio di tornare a essere uno qualunque.

La favola dell’uomo “che ha fatto piangere il Brasile” inizia al termine di una fantastica stagione con il Lanerossi Vicenza: il giovane talento di Prato aveva portato la sua squadra ad un soffio da un leggendario scudetto ed aveva vinto la classifica cannonieri che gli aveva spalancato anche le porte della nazionale. Eppure non tutto era filato liscio fino ad allora: ancora minorenne ma già prospetto di prim’ordine, univa una tecnica sopraffina ad una velocità palla al piede fuori del comune, si scontrò i con i primi tackle della vita, a causa di tre operazioni al menisco. Finisce così al Vicenza e sono parecchi pronti a scommettere su una carriera già finita ancora prima di cominciare. La svolta arriva dall’intuizione di Gibì Fabbri, l’artefice del ‘Real’ Vicenza, che da ala lo sposta a centro area per mandare in rete quanti più palloni possibile. Sono due anni elettrizzanti, con i biancorossi che dominano il campionato cadetto grazie ai 21 gol di Rossi che si ripete anche nella stagione successiva, vincendo la classifica cannonieri e la convocazione al Mondiale argentino.

Paolo Rossi, dal Vicenza alla Coppa del mondo: la carriera di un campione

Non si spalancano, viceversa, le porte del ritorno alla Juventus. Alle buste, il presidente Farina lo riscatta per 2,6 miliardi, una cifra record per l’epoca che lascia tutti sbalorditi, ma che non serve ai biancorossi per evitare la retrocessione dopo il campionato dei miracoli. Tocca al Perugia scommettere su quello che ormai definiscono un ex talento e che proprio in Umbria resta invischiato nello scandalo del calcioscommesse. Sfumano gli Europei ’80 e in molti tornano a parlare di carriera finita. Ma il destino aveva ancora molto in serbo per lui. Scontata la squalifica, Rossi passa finalmente alla Juve, ma sembra ormai l’ombra del giocatore ammirato a Vicenza. Il suo mentore stavolta si chiama Enzo Bearzot che, nonostante tutto, crede ancora in lui e decide di portarlo in Spagna, insistendo anche dopo le prime opacissime prestazioni contro Polonia, Perù e Camerun. Ma i gol e il mito sono lì, a due passi. Arrivano, uno dopo l’altro, nemmeno nell’arco di due settimane, dal 29 giugno all’11 luglio: l’Italia di Bearzot esplode contro l’Argentina, 2-1 con gol di Tardelli e Cabrini, ma la madre di tutte le partite è al Sarrià: la tripletta al Brasile di Zico e Socrates diventa epos, il tabellone luminoso lo proclama “El Hombre del Partido” e in quel torrido pomeriggio spagnolo Paolo rossi capisce che il coronamento di una carriera è arrivato prima ancora dell’alloro finale. Al quale l’Italia arriva con un’altra sua doppietta (2-0 alla Polonia) e il primo dei tre gol alla Germania in finale e della finalissima contro la Germania. Ha vinto l’Italia, ma il sigillo è di Paolo Rossi, divenuto “Pablito” a furor di popolo e grazie alla sagace penna di Giorgio Lago. E’ un sogno che sembra non finire più: a Natale di quell’anno vinse il Pallone d’Oro per acclamazione, il secondo italiano dopo Gianni Rivera. Gioie e cadute, trionfo e riscatto hanno da sempre accompagnato il n.20 delle notti Mundial che più dei difensori avversari ruvidi e fallosi ha sempre temuto la popolarità devastante che lo ha portato via via ad allontanarsi, prima dal campo e poi dalla ribalta. Il Milan del nuovo corso berlusconiano prova a dargli una nuova chance ma il biglietto è di sola andata, prima di fermarsi alla stazione di Verona dove Pablito giocherà la sua ultima stagione da giocatore. Poi, sarà papà felice e commentatore tv. E Pablito per sempre.

Il ricordo di Paolo Rossi con lo storico dello sport: “Pablito, l’uomo che fece piangere il grande Brasile di Falcao, Zico, Socrates, Junior e Cerezo”

di RAFFAELE CICCARELLI/ Ci sono notizie tristi, che quando ti arrivano ti lasciano basito, senza parole, in completa atonia, senza forze. È il lugubre retaggio che ci sta lasciando questo maledetto 2020, tra pandemie e semplici casi del destino, una vera ghigliottina che sta dolorosamente tranciando tutti i sentimenti di una generazione. La morte di Paolo Rossi ci colpisce a pochi giorni dalla scomparsa di Diego Armando Maradona, a dire che siamo colpiti in quelli che sono gli affetti più cari per chi ama questo sport. Maradona ha rappresentato il calcio, ma Paolorossi, nella grafia in cui c’era caro, è stato un vero eroe calcistico, di quelli che con la loro parabola hanno parafrasato la dinamica della vita stessa, un parente anche più che simbolico. Come l’argentino, anche Rossi ha vissuto più di una vita, magari non così di confine come il Pibe de Oro, ma comunque fatta di vette ed abissi.

La vita di Pablito. Nato a Prato, cresciuto nella Juventus, è nell’allora Lanerossi Vicenza, presieduto da Giussy Farina e sotto la guida di un maestro come G. B. Fabbri, che la sua carriera di attaccante decolla. Attaccante già moderno, perché lontano dai cliché tipici del ruolo, lui piccolino ed esile, a differenza dei giganti dell’epoca e di quelli che lo dovevano marcare. Chiaro che per coprire così bene quel ruolo dovevi avere altro talento, e Rossi lo aveva: egli “sentiva” la porta e anticipava i difensori, materializzandosi all’improvviso lì dove non si pensava potesse essere. Un senso dello smarcamento senza eguali. Tanti gol in campionato gli valsero la chiamata in Nazionale, dove Enzo Bearzot lo fece debuttare, a sorpresa, in Argentina, nel 1978. Fu qui che, insieme a Roberto Bettega e accompagnato da un gioco spumeggiante, si impose all’attenzione mondiale, ma proprio mentre si avvicinava all’apice ci fu la caduta rovinosa.

Il dramma del Calcioscommesse. Nel 1980 fu coinvolto nel primo Calcioscommesse che, colpevole o meno, gli costò la squalifica di due anni. Sembrava l’inizio della fine, ma ebbe la fortuna di trovare l’ostinazione di Bearzot e la fiducia della Juventus. I bianconeri lo acquistarono comunque, in attesa della fine della squalifica, ma fu il Vecio a credere sempre in lui, anche senza giocare per così tanto tempo, e a convocarlo per i mondiali di Spagna. E a scriverne la leggenda. Ad onta di tutto e di tutti, Bearzot difese la sua scelta e lo schierò sempre, prima fantasma spaventato più che spaventoso, pallido ectoplasma vagante per il campo, poi implacabile esecutore di Brasile, Polonia e Germania Ovest. I grani del rosario della vittoria.

I sei gol, tutti nel suo repertorio di smarcamenti repentini, di fulminanti apparizioni davanti a portieri inermi, che lo confermarono Pichichi del torneo. Il Pallone d’Oro. Fu chiaro fin da subito che qualsiasi cosa avesse fatto dopo, nulla poteva eguagliare quelle imprese, perché esse stesse già leggende ineguagliabili. Vennero anche altri trofei con la maglia della Juventus, ma nulla di paragonabile a quanto fatto in maglia azzurra, quella che diventò la sua vera seconda pelle e con cui è entrato per sempre nei nostri cuori. Salutiamo così Paolorossi, l’uomo che fece piangere il Brasile.

 

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