I medici italiani (soprattutto quelli ospedalieri) hanno un livello di stress quasi doppio rispetto alla media europea

Notti in bianco, seguite da riposi troppo brevi prima di un nuovo turno in corsia, da soli a seguire decine di pazienti, sulle spalle la responsabilità della salute e della vita dei malati. Condizioni che causano specialmente tra i medici ospedalieri, oltre che profonda insoddisfazione lavorativa, vere sindromi da esaurimento in percentuale maggiore rispetto alle altre professioni. Lo sottolinea il segretario nazionale del sindacato CoAS Medici dirigenti Alessandro Garau, ricordando anche la decisione dell’Oms di riconoscere la sindrome del burnout, il cosiddetto stress da lavoro.

Consulcesi (gruppo di riferimento per 100 mila medici) sottolinea che secondo un’indagine condotta in 12 Paesi dall’European General Practice Research Network, i camici bianchi italiani hanno un livello di stress quasi doppio (43%) rispetto alla media europea (22%); e per questo lancia sulla sua pagina Facebook la campagna #BurnoutInCorsia, con l’obiettivo di condividere e approfondire le esperienze che portano alla sindrome da burnout tra gli operatori sanitari.

Negli Stati Uniti le cose non vanno meglio. Il Report 2019 realizzato dal portale scientifico Medscape National Physician Burnout, Depression & Suicide riferisce che il 50% degli operatori sanitari intervistati ha affermato che il burnout influisce sulla cura dei pazienti. I dati si riferiscono a un campione di 15.069 medici di 29 specialità diverse, ascoltati tra fine luglio e metà ottobre 2018: il 44% degli intervistati ha avuto a che fare con i sintomi del ‘burnout’, percentuale in aumento rispetto al dato della precedente analisi (42%). Il 53% ha confessato che questo stato “ha influito sull’assistenza del paziente”, il 26% ha dichiarato “di essere meno motivato” e il 14% “ha detto di aver commesso errori che non avrebbe fatto se non fosse stato così stanco”.

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